Più di un miliardo di musulmani in cinque continenti venera Gesù con il nome di Isa, considerato uno dei grandi profeti dell’Islam, dopo Mosè e prima di Muhammad “sigillo della Profezia”. Sono alcune decine i passi del Corano in cui si parla di Isa: si riportano episodi della sua vita, i suoi insegnamenti e alcuni miracoli, fatti “con il consenso di Allah (Dio)”, a voler sottolineare una potestà non autonoma ma del tutto derivata. Nel Corano, considerato dai musulmani “parola di Dio in arabo chiaro”, si fanno riferimenti anche ai suoi seguaci, chiamati sempre “Nazareni”.
Nessun musulmano, però, per conoscere o rappresentare l’insegnamento di Isa, Profeta dell’Islam, consulterebbe o citerebbe i vangeli canonici o altri vangeli gnostici o apocrifi. Ci si riferisce solo al Corano e ai passi che in varie sure (capitoli) rinviano a Gesù. Il Gesù/Isa profeta dell’Islam solo in parte può identificarsi con il Gesù Cristo che ritroviamo nei Vangeli. Da circa mille e quattrocento anni il contrasto dottrinale fra Islam e Cristianesimo, infatti, verte soprattutto sulla figura di Gesù.

Gesù vs Isa

Nel Corano se per un verso troviamo una positiva rappresentazione di Gesù/Isa in quanto profeta dell’Islam, per un altro è presente una vivace critica ad alcune delle peculiari caratteristiche proprie al Cristo dei Vangeli , innanzitutto alla sua natura divina, come stabilito al Concilio di Nicea del 325, dove si definì Cristo “della stessa sostanza del Padre”. In seconda istanza, nell’Islam si ritiene una grave devianza sostenere che Gesù sia figlio di Dio, perché “Allah non genera e non è generato”. Se fosse veritiera una simile affermazione, per i musulmani verrebbero meno gli stessi presupposti del monoteismo, fondato su un unico Dio. Un altro aspetto del racconto evangelico che un musulmano non può accettare è la morte di Gesù sulla croce, ritenuta ignominiosa per un inviato di Dio. Queste dimensioni della vicenda del Cristo evangelico, natura divina e crocifissione, rappresenteranno i principali motivi della polemica anticristiana che dal medio-evo si è protratta sino ai nostri giorni.
Ciò nonostante, nel Corano ritroviamo una serie di immagini e di narrazioni tipiche del Cristianesimo, come la nascita di Gesù dalla vergine Maria ed il racconto del parto descritto in modo poetico.
Nel Corano esiste, La Sura di Maria, la diciannovesima. In questo capitolo, si parla dell’incontro fra Maria e l’angelo Gabriele, descritto come un “uomo perfetto” il quale le annuncia che sarà madre di “un bambino puro”, provocando la reazione stupita, quasi irritata di Maria: “Come potrò avere un bambino se nessun uomo mi ha toccata, se non ho fornicato?”. Gabriele/Jibril replica lapidario che tale è la volontà di Allah che non conosce impedimenti: “È un ordine già decretato”.
All’approssimarsi del parto, Maria in preda alla paura cerca un rifugio nascosto. Nell’Ebraismo era prevista la lapidazione per gli adulteri e tale sarebbe potuta sembrare Maria, che però in un altro passo del Corano (3:42) è rassicurata dagli angeli: “Maria, Dio ti ha prescelto e ti ha reso pura e ti ha eletta su tutte le donne del creato”. È una vergine eletta da Dio, quella che si appresta a partorire un figlio “eminente in questo mondo e nell’aldilà, il più prossimo a Dio” (3:45). Maria trova rifugio nell’ombra di una palma e ristoro in una fonte d’acqua che improvvisamente germoglia, mentre i frutti dell’albero le danno un dolce nutrimento: “ Non essere triste [dice una voce fuori campo] il tuo Signore ha fatto zampillare una fonte ai tuoi piedi. Scuoti verso di te il tronco della palma che farà cadere su di te datteri freschi e maturi. Mangia, bevi e rallegrati”(19:24-25).
Il Gesù infante che troviamo nel Corano ha alcuni tratti presenti in Vangeli della tradizione apocrifa, ad esempio parla già nella culla. Alcuni dei miracoli attribuiti a Gesù nel Corano, come l’animazione di uccelli fatti con l’argilla, sono pure di derivazione non canonica.

I musulmani celebrano il 25 dicembre la nascita di Gesù/Isa, loro Profeta?

Ovviamente no, per una serie di diversi motivi. In genere non riconoscono tale data come quella della nascita di Gesù, con vari argomenti. Ad esempio, richiamandosi al passo coranico sopra citato, notano che una palma può dare i suoi datteri solo d’estate, non certo a dicembre; ma l’argomento principale consiste nel rifiuto di accordare un onore particolare ad un uomo, seppure “vicino a Dio”, come può essere un Profeta.
Una parziale eccezione alla regola è data dalla celebrazione del compleanno del profeta Muhammad, che quest’anno è capitato il 7/8 ottobre, calcolato secondo il calendario lunare. Questa festività solo in modo improprio si può definire “Natale dell’Islam” perché la nascita dell’Islam non coincide con la nascita del Profeta, stabilita fra l’altro in modo creativo nel terzo mese del calendario islamico. Potrebbe essere, piuttosto, “la Notte del Destino”(97:1). La festa di Lailat al Qadr cade il 27 di Ramadan: è la più importante festività dell’Islam e ricorda la discesa della Rivelazione sul Profeta ed i pilastri della stessa, di cui il digiuno e la preghiera sono parte.
I musulmani possono partecipare alla festività del Natale, semmai in segno di vicinanza verso i loro amici e vicini cristiani? È difficile rispondere, musulmani di diverso orientamento hanno pareri diversi. Si esclude, comunque, una partecipazione attiva, che potrebbe significare condivisione sul piano religioso per un evento che trasforma il “Figlio di Maria” nel “Figlio di Dio”.
L’importante, però, in uno stato laico come l’Italia non è la condivisione del simile, ma il rispetto della differenza. Ricordando pure che una fetta di panettone e un torroncino regalati ad un bambino, quale sia la religione dei suoi genitori, non lo porteranno certo sulla via della perdizione.

Enrico Ferri, docente di Filosofia del Diritto e Storia dei Paesi Islamici, all’Unicusano