Comuni, la rivolta dei sindaci vale oltre un un miliardo. A tanto ammonta, conti alla mano, la richiesta dei primi cittadini italiani al governo per coprire quelle spese che non sono previste – o lo sono solo in parte – nella manovra di bilancio varata dal Consiglio dei Ministri. In un documento di 12 pagine consegnato alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, l’Anci ha evidenziato, punto per punto, quali sono le problematiche che potrebbero in qualche modo non far quadrare i conti per il 2023. Dal caro energia alla pace fiscale, dai bonus ai dipendenti pubblici alla spending review informatica. Portavoce della richiesta, in rappresentanza dei sindaci italiani, è stato il sindaco di Novara Alessandro Canelli, eletto in quota Lega – Fratelli d’Italia, il quale ha richiesto oltre 1 miliardo di euro in più di sostegni per evitare ai bilanci problemi causati dalle scelte del governo.

Comuni, rivolta dei sindaci: cosa e quanto chiedono al Governo

Per i Comuni italiani la rivolta dei sindaci contro la manovra è volta a scongiurare ammanchi di bilancio significativi per il 2023, dati gli aumenti registrati per garantire i servizi essenziali e l’approvvigionamento di energia. Nello specifico – si legge nel documento presentato dall’Anci – per attutire l’esborso per il bonus ai dipendenti pubblici previsto per il 2023, i Comuni chiedono un finanziamento statale di 400 milioni di euro, mentre per far fronte allo stralcio delle cartelle esattoriali fino a 1.000 euro, chiedono uno stanziamento di almeno 80 milioni di euro. Viene inoltre sottolineata anche l’insufficienza di risorse per assicurare il mantenimento del Fondo di solidarietà comunale 2023 rispetto a quelle stanziate nel 2022. Per questo si chiede di abolire il taglio della cosiddetta spending review informatica, un rinforzo del correttivo sul Fondo di 50 milioni di euro e il consolidamento del contributo di 50 milioni di euro a favore dei piccoli Comuni in spopolamento. Una delle voci più ‘corpose’ del documento riguarda poi il trasporto pubblico locale per il quale si chiede non solo un sostegno di 200 milioni di euro, ma anche la sospensione delle norme che obbligano gli enti locali ad accantonamenti immediati in caso di perdite delle aziende di cui sono proprietari. Per quanto riguarda il caro energia, l’Anci registra un buco di circa 600 milioni tra i fondi messi a disposizione del governo (990 milioni) e i 1.600 milioni previsti nelle spese dei comuni per il 2022. Una differenza che i sindaci sono riusciti a colmare autonomamente per l’anno corrente, ma che andrà poi monitorata per il 2023. L’intento dell’ Anci è quello di attivare un tavolo tecnico di confronto sul modello di quello istituito per l’emergenza Covid, in grado di monitorare l’andamento dei prezzi e gli effetti sugli equilibri degli enti locali.

Inflazione e caro energia gravano sui bilanci dei Comuni

Non solo i singoli. Le conseguenze dell’aumento dei prezzi ricadono sugli enti locali sotto due aspetti: direttamente, perché, ad esempio, scaldare le scuole o gli uffici amministrativi costa di più rispetto al passato; e indirettamente, perché saranno sempre più numerosi i cittadini che avranno bisogno di un sostegno ulteriore da parte dei servizi. Nel 2021, riporta l’Istat ,la spesa dei Comuni per i servizi sociali è cresciuta per il quinto anno consecutivo e raggiunge 7 miliardi 472 milioni di euro. Le aree di intervento che assorbono la maggior parte della spesa sociale sono tre: famiglia e minori, disabili e anziani. Grandi sono le differenze territoriali: si va dai 583 euro per la provincia di Bolzano ai 6 per quella Vibo Valentia. Difficoltà dunque che vanno a gravare soprattutto gli enti più piccoli e i territori più in difficoltà come le aree interne e il Sud Italia.