18 novembre 2022 – anniversario morte Marcel Proust.

Era il 18 novembre 1922 quando, all’età di 51 anni, a causa di una bronchite malcurata, uno dei più grandi autori di sempre si spegneva nella sua casa di Parigi, nel suo letto, lo stesso dove aveva passato gli ultimi anni per concludere il suo libro-mondo, quello che ancora oggi lo rende celebre in tutto il mondo: À la recherche du temps perdu. Una vita dedicata alla ricerca del tempo perduto, la sua, e quasi quindici anni passati nella sua stanza, a causa del peggioramento dell’asma di cui aveva sofferto fin da bambino: una reclusione volontaria, tormentata, dovuta alla malattia, ma funzionale alla stesura della sua opera, che ancora oggi, a 100 anni dalla morte del suo autore, è considerata uno dei massimi capolavori della letteratura.

Anniversario morte Marcel Proust: sono passati cento anni

Nato a Parigi nel 1871 da una famiglia benestante (il padre era un docente di medicina all’università, la madre una ricca ereditiera ebrea), Marcel Proust comincia a soffrire d’asma quando è ancora piccolo, all’età di 9 anni, legandosi morbosamente alla figura materna. Nella ville lumière frequenta il liceo Condorcet e poi la facoltà di diritto, seguendo contemporaneamente alcuni corsi alla Scuola di Scienze politiche della Sorbona, dove è allievo di Bergson. Collabora, nel tempo, con diverse riviste, tra cui Le Figaro, sulle quali pubblica ampi estratti dei suoi scritti. Ma è solo dopo la morte dei genitori (il padre nel 1903 e la madre due anni dopo) che inizia a dedicarsi interamente alla stesura della sua opera, in un progressivo isolamento: se la prima parte della sua vita era stata un tripudio di socialità e mondanità, durante la quale aveva stretto numerose amicizie, frequentando soprattutto gli ambienti aristocratici, la seconda parte, anche a causa del peggioramento della sua malattia, lo costringe perlopiù a letto. Dalla sua camera Proust indaga il mondo e la mente umana, andando alla ricerca del tempo perduto.

“Il Novecento, il secolo che per vari motivi avrebbe avuto al suo centro il problema e la necessità della memoria – ha scritto ieri sull’Ansa Paolo Petroni – si aprì con una madeleine, il biscotto il cui sapore riporta all’infanzia e al ricordo di tutta una vita per Marcel Proust”. Un’opera monumentale, À la recherche du temps perdu: quasi quattromila pagine e sette volumi, di cui il primo uscito nel 1913, in cui l’autore ricostruisce, recupera ciò che, apparentemente perduto, resiste e prende forma attraverso il ricordo, misurandosi col passare del tempo e restituendoci un caposaldo della letteratura.

Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera. A volte, non appena spenta la candela, mi si chiudevan gli occhi cosí subito che neppure potevo dire a me stesso: ‘M’addormento’. E, una mezz’ora dopo, il pensiero che dovevo ormai cercar sonno mi ridestava; volevo posare il libro, sembrandomi averlo ancora fra le mani, e soffiare sul lume; dormendo avevo seguitato le mie riflessioni su quel che avevo appena letto, ma queste riflessioni avevan preso una forma un po’ speciale; mi sembrava d’essere io stesso l’argomento del libro.

Recita così il famoso incipit del libro nella traduzione di Natalia Ginzburg, in cui l’autore mette già in luce il rapporto peculiare che unisce la letteratura e la vita, anche attraverso il tempo. Più avanti scriverà: “La lettura ci insegna ad accrescere il valore della vita, valore che non abbiamo saputo apprezzare e della cui grandezza solo grazie al libro ci rendiamo conto”. È un insegnamento che ancora oggi, a cento anni dalla sua morte, continua a darci: nelle sue parole non è morto mai perché qualcosa resiste sempre, anche al di fuori del tempo e forse non esiste morte, finché esiste la letteratura.