Essere omosessuale vuol dire avere un “danno mentale”. Hanno scatenato un polverone le dichiarazioni shock dell’ambasciatore dei Mondiali in Qatar, che hanno portato nuova linfa ai dibattiti sulle violazioni dei diritti umani nel Paese ospitante della manifestazione calcistica al via il prossimo 20 novembre.

L’ambasciatore ed ex calciatore della Nazionale qatariota si chiama Khalid Salman e ha 60 anni. Il suo discorso andrà in onda stasera, martedì 8 dicembre, nelle televisioni tedesche. Nel presentare la manifestazione sportiva, infatti, l’emittente tedesca Zdf ha realizzato un documentario intitolato “Geheimsache Qatar”: tra gli intervistati c’era anche Salman. È proprio qui che ha definito l’omosessualità come una “malattia” e un “danno mentale”: per rafforzare la propria tesi, l’ambasciatore ha sottolineato che chi arriva in Qatar deve rispettare le regole del Paese. In Qatar, infatti, l’omosessualità è considerata “haram”, che significa “peccato“: è severamente proibita e chi viene colto sul fatto può essere punito con sette anni di reclusione.

Essere gay è haram ed è una malattia mentale. Molte cose entreranno nel Paese, per esempio parliamo di gay. La cosa più importante è che tutti quelli che accettano di venire qui accettino anche le nostre regole. Ci sarebbero problemi con i bambini che vedono i gay, perché allora imparerebbero qualcosa che non va bene.

Mentre pronunciava queste agghiaccianti parole, l’uomo è stato interrotto dal portavoce del Comitato Organizzativo dei Mondiali, che gli ha fatto notare quanto le sue frasi fossero inopportune. A quel punto, per difendersi, ha precisato: “Si tratta di mie idee”. Un discorso che ha rapidamente fatto il giro del mondo, e al quale non ha tardato a rispondere Nancy Faeser, ministra dell’Interno tedesca con delega allo sport: Faeser ha definito “orribili” le parole di Salman.

Mondiali in Qatar, la protesta della Nazionale danese

Ufficialmente, insomma, nello stato arabo anche i fan appartenenti alla comunità LGBTQ+ sono i benvenuti. Ma, come dice Khalid Salman, dovranno attenersi alle regole del Paese. Si tratta di un’ennesima ombra sui Mondiali che vengono considerati tra i più controversi della storia del calcio. Amnesty aveva addirittura definito quelli in Qatar 2022 “i Mondiali della vergogna“. L’emirato è accusato, tra le altre cose, di violazioni dei diritti umani, di mancanza di diritti per le donne e di un trattamento inadeguato nei confronti dei lavoratori edili degli stadi, con migliaia di persone morte perché costrette a sottostare a condizioni inaccettabili.

Su quest’ultimo punto si è espressa concretamente anche la Nazionale di calcio della Danimarca, che ha deciso di disputare i Mondiali senza che sulle magliette dei giocatori sia visibile né il nome e né il logo dello sponsor della squadra, il marchio di abbigliamento sportivo Hummel. Una delle strisce della divisa sarà colorata di nero, “il colore del lutto”, come precisato proprio da Hummel. In un intervento sui social network, lo sponsor tecnico ha chiarito la sua posizione.

Non vogliamo essere visibili durante un torneo che è costato la vita a migliaia di persone. Sosteniamo al massimo la Naazionale danese, ma questo non significa sostenere anche il Qatar come paese ospitante.


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