Simulazione terremoto Stretto di Messina. Ha preso il via alle ore 10 di questa mattina la maxi esercitazione che, nei prossimi tre giorni, coinvolgerà le province di Reggio Calabria e Messina, con più di cinquemila persone a testare la risposta della Protezione civile, dello Stato e degli enti locali a un terremoto di magnitudo 6 simulato nella zona dello Stretto, con epicentro a cinque chilometri dalla costa calabrese, tale da poter generare un maremoto capace di colpire 30 comuni costieri (20 in Calabria e 10 in Sicilia). Ottantadue organizzazioni di volontariato, più di duemila operatori e quattrocento mezzi: è questa la macchina del soccorso messa in campo per l’operazione, dal nome “Exe Sisma dello Stretto 2022” che ha, tra gli altri obiettivi, quello di testare il nuovo sistema di allarme pubblico.

Simulazione terremoto Stretto di Messina: l’operazione

Si chiama It-Alert, il nuovo sistema nazionale di allarme pubblico per l’informazione della popolazione che si basa sulla rete di telefonia mobile. Poco dopo la simulazione della scossa, gli abitanti potenzialmente a rischio ricevono sullo schermo del telefonino il seguente messaggio, anche nella rispettiva traduzione inglese: “Esercitazione protezione civile. Test invio messaggio di allarme per possibili onde di maremoto generate da terremoto con epicentro nella provincia di Reggio Calabria. Tutte le informazioni sull’esercitazione su www.it-alert.it“. Da quel momento – fino a quando i cittadini non premono il tasto “ok” contenuto all’interno del messaggio – il display si blocca, consentendo le sole telefonate: un accorgimento pensato per fare in modo che tutti siano costretti a leggerlo e ricevano l’allarme.

È solo uno dei test che saranno condotti nei tre giorni dell’esercitazione, che avrà come scenario di partenza quello del terremoto che il 16 gennaio 1975 colpì lo Stretto di Messina con una magnitudo di 5,3. “Il sisma è uno degli eventi che più impattano sulle nostre comunità, come distruzione, devastazione e come tempi di ripresa – ha spiegato il capo della Protezione civile calabrese, Renato Curcio -. È da gennaio che stiamo lavorando su questa esercitazione nazionale. Abbiamo immaginato uno scenario severo, non per impaurire, ma per creare consapevolezza, perché bisogna sapere su quale territorio si vive. Noi istituzioni dobbiamo sapere quali sono le possibilità che la natura, purtroppo, ci offre anche con le sue negatività e dobbiamo essere pronti, consapevoli. Sereni, ma pronti”.

Nel 1975 il terremoto coinvolse ben 90 località tra le due sponde dello Stretto, causando gravi danni soprattutto su quella calabrese e nella città di Reggio Calabria, dove si verificarono lesioni agli immobili e crolli. “Per questa esercitazione – ha proseguito Curcio – immagineremo di dover fronteggiare quel terremoto, elevando la potenziale magnitudo fino a 6, verosimilmente capace di innescare un maremoto nelle aree costiere”. Tantissimi gli enti coinvolti nell’esercitazione, tra protezione civile, vigili del fuoco, forze di polizia, comando operativo di vertice interforze (Covi, che raggruppa esercito, marina militare e areonautica militare), Croce Rossa, Asp, psicologi dell’emergenza, Ingv e tutti gli altri che avranno un ruolo in caso di disastro.

L’obiettivo è testare il modello d’intervento nazionale per il soccorso sul rischio sismico, attraverso l’attivazione dei centri di coordinamento, la realizzazione di working area per attività di soccorso tecnico urgente e sanitario, l’allestimento di aree di accoglienza per la popolazione (accampamenti dotati di cucine, mense, e servizi igienici), l’impiego delle colonne mobili e le attività di valutazione e di agibilità post evento sismico. “La prevenzione è una cosa seria – ha commentato il responsabile della Protezione civile siciliana, Salvo Cocina -, si fa in tempo di pace perché si possa essere pronti in tempo di guerra”. “Prepararsi a queste situazioni estreme è un momento importante di formazione”, gli ha fatto eco il presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani.