Sono le donne ad avere una maggiore probabilità, rispetto agli uomini, di essere afflitte dal long Covid. A confermarlo, una ricerca condotta nel Pisano, in Valdera e Alta Val di Cecina, i cui dati sono stati presentati ieri nel corso del congresso dell’European Respiratory Society di Barcellona. I risultati dello studio serviranno a comprendere meglio, sul lungo periodo, l’andamento e la prevalenza della malattia, anche per elaborare delle raccomandazioni per uniformare e migliorare la qualità del trattamento.

Che cos’è il long Covid?

Si tratta di una sindrome clinica caratterizzata dalla presenza di alcuni sintomi legati all’infezione da Covid-19, che insorgono o persistono anche per settimane e mesi dopo la negativizzazione, e cioè dopo la guarigione e la conseguente eliminazione del virus dall’organismo. I sintomi tendono a variare da paziente a paziente, ma possono includere, in generale:

  • senso di fatica
  • stanchezza
  • debolezza
  • dolori muscolari e articolari
  • mancanza di appetito

Tra quelli più specifici ci sono, invece: tosse, dolore al petto, mal di testa e difficoltà di concentrazione, disturbi dell’olfatto, del gusto e dell’udito, disturbi del sonno, e così via. I meccanismi che determinano il long Covid non sono ancora del tutto chiari, anche se tra i fattori di rischio sembrano esserci l’età avanzata, l’ospedalizzazione per Covid-19, l’obesità e il diabete di tipo 2 e il sesso femminile.

Il long Covid colpisce soprattutto le donne: i risultati di uno studio

A dimostrare che le donne sono più colpite rispetto agli uomini dal long Covid, i risultati di uno studio italiano. “Essere donna – ha spiegato Guido Vagheggini, referente pneumologo per l’insufficienza respiratoria cronica del dipartimento di medicina specialistica dell’Asl Toscana nord ovest, che ha partecipato alla ricerca – rappresenta un fattore di rischio indipendente per l’insorgenza di long Covid, sia tra i soggetti che in fase acuta sono stati ospedalizzati, sia in quelli trattati a domicilio”. Ma alcune differenze sono emerse anche nei sintomi: “Rispetto ai maschi – ha proseguito l’esperto -, le pazienti femmine riferiscono più frequentemente difficoltà respiratoria, difficoltà di concentrazione ed affaticamento, con un più severo impatto sulle attività della vita quotidiana ed una peggiore qualità di vita percepita”. 

Anche se non è ancora chiaro “perché il long Covid colpisca un soggetto piuttosto che un altro, sembra che ci sia una correlazione con la persistenza di uno stato di infiammazione prolungato”. A rischiare di esserne afflitte sarebbero soprattutto “le donne quarantenni, cinquantenni e sessantenni e i soggetti con malattie croniche. Inoltre, ancora non è noto che effetto hanno i trattamenti del Covid-19 in acuto sulla probabilità di sviluppare il long Covid e sulla sua gravità. Sembra invece che la vaccinazione possa ridurre la gravità dei sintomi a seguito della infezione”. Lo studio, iniziato nelle prime fasi della pandemia, ad aprile 2020, ha oggi valutato oltre 750 persone con sintomi da long Covid, il 60% dei quali con forme acute che non hanno richiesto il ricovero ospedaliero.

“Oltre un terzo dei soggetti valutati dopo tre mesi dal Covid-19 riferisce sintomi psicologici come stress post traumatico, ansia, depressione – ha precisato Vagheggini – e in oltre il 50% di essi si possono riscontrare alterazioni delle prove di funzionalità polmonare, difficoltà respiratoria, affaticamento e sintomi di stress psicologico”. I risultati della ricerca, inserita nel piano di sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità, permetteranno ora, insieme a quelli raccolti da altri centri che in Italia si stanno occupando di long Covid, di comprendere meglio l’andamento e la prevalenza della malattia ed elaborare delle raccomandazioni per uniformare e migliorare la qualità del trattamento.