Il giorno dopo il giuramento al Quirinale è tempo di interviste per i nuovi ministri del governo guidato da Giorgia Meloni, tra questi il nuovo capo del Viminale: Matteo Piantedosi. Il tema centrale è quello della sicurezza nazionale, già affrontato anche dal ministro della Difesa Guido Crosetto in un altro reportage.

Sono infatti troppi gli episodi di violenza raccontati quotidianamente dalle cronache locali, un’esplosione acuita dalla pandemia e riguarda soprattutto i giovani (il caso delle faide tra rapper è solo la punta dell’iceberg). Sull’inizio non troppo semplice, Piantedosi ha così commentato:

Questo ruolo è impegnativo, sono consapevole della scommessa, della sfida, dell’impegno richiesto, soprattutto per quello che si preannuncia nel Paese. Stiamo attraversando una crisi socio-economica: i mesi che arrivano saranno complessi. Spero non siano difficili. Ci saranno manifestazioni, la congiuntura non agevola. Ma io sono un prefetto, come Luciana Lamorgese, che mi ha preceduto. Questa continuità fa avvertire l’esigenza di avere competenze tecniche, e non solo.

Piantedosi, è lui uno dei ministri “tecnici” scelti da Meloni

Matteo Piantedosi, neo ministro dell’Interno ed esponente dei “5 tecnici“, si confessa e si racconta in un’intervista al Quotidiano Nazionale, esprimendo la sua prospettiva relativamente all’incarico di governo. Parola d’ordine sarà “periferie“.

Figura nuova a molti, in realtà Piantedosi è già stato capo di Gabinetto del Viminale in due occasioni: con il governo gialloverde (sotto Matteo Salvini) e con il governo di unità nazionale appena concluso (sotto Luciana Lamorgese). Per il politico originario dell’Irpinia è una sfida “impegnativa” alla luce dello scenario socio-economico che l’Italia sta attraversando. Un clima ostile da fronteggiare con tutta l’esperienza possibile.

Altra tematica all’ordine del giorno è l’immigrazione, spesso scontro tra i suoi ex capi Salvini e Lamorgese. Il leader del Viminale parla di sbarchi e non di flussi, e sottolinea come sarà importante “rafforzare il rapporto con tutti i Paesi”, sia con le mete di partenza che con quelle di arrivo. Ecco il commento integrale:

In generale, c’è l’esigenza di rafforzare il governo degli sbarchi, rispetto ai flussi. Questo non significa negare la sensibilità sociale, ma riprendere in mano la gestione dei flussi. Dovremo rafforzare il rapporto con tutti i Paesi. Non solo di nascita dell’immigrazione, ma anche di destinazione. E la destinazione non è solo l’Italia.

Successivamente ha svelato che il suo primo incarico ufficiale, dopo il consiglio dei ministri di oggi pomeriggio, sarà l’incontro con l’omologo francese a Roma.

In programma i dossier sicurezza

Spostandosi sul fronte della sicurezza interna, a domanda sui Decreti Sicurezza (prima promulgati e poi abrogati), Piantedosi è convinto che le città “siano un elemento cruciale per l’attività del Ministero dell’Interno”. Ma ciò non significa ridurre la questione a semplice stanziamento di fondi o all’aumento della sicurezza fisica e telematica.

Servono innanzitutto idee e strategie, da ridimensionare a seconda dell’area urbana di riferimento. Nel suo caso, l’esempio pregresso è Roma: rappresentazione di massima portata di un territorio ampio e difficile da gestire. Sul suo tavolo, altra confessione, ci sono anche i dossier sicurezza di Milano e Napoli.

Infine, una considerazione sulle gang: espressione di un tessuto sociale sempre meno coeso e di un grido di rabbia delle generazioni più giovani. Grazie ai fondi del Pnrr ci sarà modo di intervenire efficacemente.