Maxi operazione a Catania contro la pedopornografia, dove sono stati sequestrati migliaia di file e dove risultano indagate ben 24 persone: questo è quanto emerge dalle indagini coordinate dalla Procura Distrettuale di Catania e condotte dal Centro Operativo Sicurezza Cibernetica della Polizia Postale. Contro gli indagati – residenti tra le province di Catania, Siracusa e Ragusa – sono state disposte perquisizioni personali e informatiche.

Pedopornografia a Catania, l’inchiesta

Le indagini sono state coordinate dal Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia Online del Servizio di Polizia Postale e sono iniziate dopo una pregressa attività della Polizia Postale di Milano che, dopo aver analizzato alcuni dispositivi sequestrati in un’altra indagine, aveva evidenziato contatti per lo scambio di materiale pedopornografico tra molti utenti del web. La Procura etnea e il Centro Operativo di Catania hanno approfondito queste informazioni fino all’individuazione gli attuali indagati.

Nel corso delle indagini sono state sequestrate migliaia di file audio e video: gli utenti – protetti da account fittizi – acquisivano da spazi cloud materiale di abusi sessuali sui minori, tra i quali c’erano contenuti riguardanti anche bambini in tenera età. Il materiale sequestrato nel corso delle perquisizioni è ora al vaglio degli inquirenti e della Polizia Postale, che faranno ulteriori approfondimenti investigativi per confermare le loro responsabilità e per l’identificazione delle vittime. Sono 24 le persone indagate e fermate dagli inquirenti.

La seconda operazione contro la pedopornografia in una settimana

Quella di Catania è la seconda operazione contro la pedopornografia nel giro di una settimana: sette giorni fa, infatti, la polizia postale di Milano e Roma aveva fermato e arrestato un 33enne della Capitale che filmava e diffondeva le immagini degli abusi sulla figlia di 2 anni. Anche in quel caso, l’autorità giudiziaria aveva disposto perquisizioni personali e informatiche sull’indagato e, come successo a Catania, l’uomo vendeva i contenuti a utenti che si nascondevano dietro account fittizi.