La sentenza in appello per il femminicidio di Cave non è andata giù a tutti. Dall’ergastolo di primo grado, infatti, si è giunti a 24 anni di carcere per Antonio Birigida che uccise la moglie a colpi di pistola. Non nasconde la sua delusione l’avvocato Simone Palliccia, il quale rappresenta la parte civile di questo processo. La vittima, Carmen Vernica, aveva una figlia che sta cercando di affrontare il lutto con ogni energia e questo sconto potrebbe essere un brutto colpo psicologico. Di tutto questo e del femminicidio più in generale ha parlato al cantautore Bussoletti all’interno di Bagheera, la giungla di Radio Cusano Campus che va in onda tutti i giorni dalle 17 alle 19 in pieno drive-time. Ecco i passaggi più importanti dell’intervista

Sentenza in appello femminicidio Cave, lo sconto

“L’uomo, lo scorso febbraio, era stato condannato all’ergastolo dai giudici della prima Corte d’assise di Roma. All’udienza dell’11 ottobre i difensori, gli avvocati Valerio Spigarelli e Loredana Mazzenga, e il sostituto procuratore generale Iolanda Ricchi hanno depositato una richiesta di concordato alla pena di 24 anni di carcere. Il presidente Vincenzo Capozza ha riunito la Corte in camera di consiglio e dopo circa mezz’ora di camera di consiglio ha emesso la sentenza con la quale ha accolto il concordato.”

Sentenza in appello femminicidio Cave, la delusione

“Chi decide di fare il penale ci mette qualcosa di più rispetto al mero lavoro e io, come avevo già spiegato parlando di mobbing aziendale, mi sforzo da sempre di combattere per quello che ritengo essere il bene. Lo sconto che è arrivato nasce da una difesa che ha voluto mostrare Carmen Vernica come una donna irascibile che rendeva difficile la vita di Antonio Brigida. C’era un sottinteso “un po’ se l’è cercata” che ho difficoltà ad accettare. Invece il giorno in cui è avvenuto l’omicidio, lei stava sommessamente e silenziosamente facendo le valigie per andare via. Non mi sembra l’atteggiamento di una persona che urla e maltratta.”

Sul doppio danno della parte civile

“Iniziamo col dire che la parte civile ha già perso prima che si celebri il processo. A prescindere dalla sentenza finale, infatti, nessuno restituirà Carmen alla famiglia e alla figlia che sta cercando di andare avanti nonostante questa tragedia. Inoltre 24 anni sembrano davvero pochi per un omicidio e il rimborso previsto è irrisorio.”

Sul bisogno di un cambiamento culturale

“La sentenza in appello del femminicidio di Cave insegna ancora una volta che dobbiamo cambiare le nostre teste. Le donne non ci appartengono. Giustificare un omicidio con un vero o presunto raptus è segno del fatto che c’è ancora tanta strada da fare.”

Ecco il link del podcast dell’intera intervista dell’avvocato Simone Palliccia sulla sentenza in appello del femminicidio di cave:

https://www.radiocusanocampus.it/it/avv-simone-palliccia-femminicidio-cave