Aumento pensioni minime a 1000 euro. La proposta di Berlusconi continua a far discutere, ma è molto difficile possa concretizzarsi a causa dell’enorme spesa che comporterebbe.

Aumento pensioni minime a 1000 euro

Aumento delle pensioni minime a 1.000 euro al mese per 13 mensilità anche per “chi non ha mai potuto pagare contributi come le nostre mamme e le nostre nonne”. È questa la promessa fatta da Silvio Berlusconi a chi percepisce meno di mille euro di pensione. La proposta è contenuta nel programma di Forza Italia, mentre in quello condiviso con gli altri partiti di centrodestra si parla più genericamente di “innalzamento delle pensioni minime, sociali e di invalidità”.

Quanto costerebbe

In base ai dati Inps (relativi al 2020), i pensionati con un reddito fino al trattamento minimo (515,58 euro) sono 2,1 milioni; quelli fino a due volte il minimo (tra 515,59 e 1031,16 euro) sono 3,8 milioni. Se si volesse portare a 1.000 euro il reddito pensionistico di tutti i percettori di pensione minima (già rivalutata a partire da novembre 2022 del 2,2 per cento per effetto del Decreto Aiuti Bis del governo Draghi), il costo della riforma sarebbe di circa 19,5 miliardi. Aggiungendo i pensionati con un reddito fino a due volte il minimo (la maggior parte dei quali ha un reddito pensionistico inferiore a 1.000 euro) il conto sale a 31,2 miliardi.

Il piano Meloni

Per il Corriere della Sera la soluzione del nuovo esecutivo guidato da Giorgia Meloni dovrebbe essere Quota 41, ma con soglie d’età. Meno quotata invece l’ipotesi, suggerita in passato dalla leader di Fratelli d’Italia, di estendere agli uomini il meccanismo delineato da “Opzione Donna”, accompagnato da una decurtazione dell’assegno previdenziale. L’obiettivo del futuro governo – oltre a incentivare la “flessibilità in uscita dal mondo del lavoro, favorendo il ricambio generazionale” – è evitare la formazione di nuovi scaloni. La classica Quota 41 consentirebbe di andare in pensione con 41 anni di contribuiti, ma costerebbe 4/5 miliardi di euro l’anno: spesa già definita insostenibile dall’Inps.