Il ritratto di Prince, realizzato da Andy Warhol, è ora davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America.

La Corte dovrà occuparsi di un caso giudiziario insolito che vede come protagonisti della controversia una serie di 16 ritratti serigrafati del noto cantante Prince.

Andy Warhol, la causa legale per i ritratti di Prince

Tutto iniziò nel 2017, quando la fotografa Lynn Goldsmith, autrice dello scatto a Prince risalente al 1981, chiese il pagamento dei diritti d’autore alla Fondazione Warhol, invocando la violazione del copyright, dando così inizio ad un processo legale che è in atto ancora oggi.

La fotografa, scattò una serie di fotografie al cantante Prince nel 1981, ma queste non furono mai adoperate.

Tuttavia, a distanza di tre anni da quel servizio fotografico, “Vanity Fair” commissionò a Andy Warhol la riproduzione in chiave pop di una di queste foto, pagando una licenza di 400 dollari.

Una volta portata a termine questa commissione, Andy Warhol continuò ad utilizzare il ritratto di Prince conferendogli il suo tocco personale.

Dall’originale fotografia in bianco e nero, ricreò una serie di 16 opere serigrafate dedicate all’artista.

Queste riproduzioni, entrarono a far parte, a tutti gli effetti, del suo iconico portfolio fino a quando, nel 2016, la fotografa Lynn Goldsmith, autrice dello scatto a Prince, venne a conoscenza di questa serie.

La fotografa, vide per la prima volta queste riproduzioni su un articolo di “Vanity Fair” in occasione della morte di Prince.

Tuttavia, a questa pubblicazione mancava il necessario riconoscimento alla foto originale.

Proprio per questo motivo, la Goldsmith, intentò una causa legale contro la “Andy Warhol Foundation” per violazione di copyright.

La sentenza definitiva

Ancora oggi, a distanza di 38 anni dalla realizzazione delle opere di Warhol, la causa è in corso.

Le opere del Re della Pop Art sono, ora, davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America.

A riferirlo è il sito “France Info”, precisando che i nove giudici della Corte dovranno pronunciarsi in merito alla questione entro il 30 giugno 2023.

Più specificamente, la Corte dovrà valutare se un’opera d’arte può essere ritenuta “trasformativa” nel momento in cui veicola un messaggio diverso dalla fonte o viene riprodotta in maniera visivamente diversa.

La sentenza è molto attesa poiché, emetterà, finalmente, un giudizio definitivo in merito alla controversia.

Nel corso degli anni, infatti, la questione ha seguito un percorso contraddittorio, passando in diversi tribunali ma senza riuscire ad ottenere un accordo tra le parti.

Inizialmente, la Fondazione ha risposto alle accuse di violazione di copyright, mosse dalla fotografa, intraprendendo un’azione legale per far riconoscere i suoi diritti esclusivi sulla serie.

In prima istanza, un giudice si è pronunciato a favore della Fondazione, valutando che Andy Warhol aveva effettivamente trasformato il messaggio dell’opera.

Il giudice John G. Koeltl aveva, infatti, dichiarato:

“Le opere di Warhol hanno in qualche modo cambiato la fotografia originale scattata da Goldsmith nel 1981, trasformando Prince in un’icona e aggiungendo qualcosa di nuovo al mondo dell’arte”.

Successivamente, una Corte d’Appello ha invalidato questo ragionamento, invertendo il verdetto precedente e ritenendo che i giudici non possono svolgere il ruolo di “critici d’arte e analizzare le intenzioni e i messaggi delle opere” e che quindi, a causa delle somiglianze tra i ritratti e gli scatti, la fotografa avrebbe dovuto ricevere un risarcimento.

La Corte d’Appello degli Stati Uniti ha dato ragione alla fotografa, sostenendo che:

“Noi siamo d’accordo. Le opere della serie Prince sono considerevolmente simili alla fotografia della Goldsmith. È un dato di fatto. Non qualsiasi opera secondaria che aggiunge una nuova estetica o nuova espressione alla sua fonte originale può essere considerata trasformativa”.

E, in merito alla valutazione del giudice John G. Koeltl, ha aggiunto:

“Il giudice del distretto non dovrebbe mai assumere il ruolo di un critico d’arte e cercare di accertare l’intento o il significato delle opere in questione”.

Tuttavia, contraria a questa decisione, la Fondazione si è rivolta alla Corte Suprema Usa che emetterà la sentenza finale definitiva.