Il ministero della Difesa dell’Azerbaigian ha confermato che 71 dei suoi soldati sono morti negli scontri degli ultimi giorni con l’Armenia. Mercoledì, dal canto suo, l’Armenia aveva riferito della morte di 105 suoi soldati. Intanto Mosca ha fatto sapere che la situazione tra i due Paesi verrà discussa nel corso di un incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e quello Azero Ilham Aliyev, alleato del Cremlino. Un bilancio che, in base agli ultimi dati, potrebbe drasticamente aumentare, anche se tra Armenia e Azerbaigian le cose potrebbero cambiare dopo l’ultimo “cessate il fuoco”.

Armenia e Azerbaigian hanno negoziato un cessate il fuoco per porre fine alla riacutizzazione dei combattimenti che finora hanno ucciso 155 soldati sui due fronti. Lo ha reso noto un alto funzionario armeno. Armen Grigoryan, segretario del Consiglio di sicurezza dell’Armenia, ha annunciato la tregua in tv, spiegando che era entrata in vigore cinque ore prima, alle 20:00. (16.00 GMT) di mercoledì . Un precedente cessate il fuoco mediato dalla Russia martedì è rapidamente fallito. L’annuncio della tregua fa seguito a due giorni di pesanti combattimenti, i più acuti da quasi due anni. Poco prima della dichiarazione di Grigoryan, migliaia di manifestanti sono scesi nelle strade della capitale dell’Armenia per chiedere le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinyan,  accusato dai manifestanti di aver tradito il suo Paese cercando di placare l’Azerbaigian.

Ecco cosa succede tra Armenia e Azerbaigian

Si sta increspando il mare di alleati e sostenitori, più o meno evidenti, attorno ad Armenia e Azerbaijan, che sono nuovamente protagonisti di una fase di altissima tensione, a seguito della recente riacutizzazione della violenza al confine tra i due Paesi. In particolare Yerevan accusa Baku di aver rinnovato gli attacchi al confine, che dal 2020 sono ormai routine nella regione contesa del Nagorno-Karabakh. Nel mezzo le “fiches geopolitiche” che i super players puntano su l’uno e sull’altro. Tra Armenia e Azerbaigian le cose cambiano e restano ferme, sempre con l’occhio della Russia vigile e attento.