Un po’ Adriano Olivetti e un po’ le sane radici della Valtiberina, la verde terra a cavallo di Toscana e Umbria. Ci troviamo questo e altro in un libro che Massimo Mercati, amministratore delegato di Aboca, ha pubblicato due anni fa e che ha per titolo “L’impresa come sistema vivente”. E’ una sorta di vademecum per chi pensa che “seguendo i valori spirituali – come diceva Olivetti – i beni materiali sorgeranno da sé”. 

E’ il principio che nel 1978 ha ispirato Valentino Mercati, padre di Massimo, quando fondò Aboca lasciando la concessionaria di auto per investire nelle piante medicinali come alternativa ai processi di sintesi. E il luogo fertile per quest’impresa era ed è la campagna valtiberina perchè qui ci sono le materie prime, il rispetto per la terra e l’istintiva capacità di coniugare sviluppo e conservazione dell’ambiente. Perchè considerare “l’impresa come un sistema vivente permette di rileggere la realtà aziendale in profondità. È una visione che rende l’impresa fortemente interdipendente dal contesto in cui agisce, una comunità tra le comunità che non può più esistere in modo autoreferenziale e diventa creatrice di valore solo quando svolge appieno la sua funzione economico-sociale” afferma Mercati. 

Non è il profitto che genera valore ma il valore che genera profitto

Se Olivetti diceva che “la fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica”, Mercati attualizza il pensiero del gigante di Ivrea. Dice che il valore dell’impresa “non si esaurisce nella realizzazione del profitto, ma si estende all’impatto sull’ambiente e sulla società attraverso la crescita culturale di tutti i membri dell’azienda, uniti dall’idea di operare insieme nella direzione del bene comune”. Una squadra, quindi, che punta al profitto, che è necessario ma non crea valori, ma è la condivisione dei valori che genera il profitto.

Stefano Bisi