3 settembre 1982. Carlo Alberto Dalla Chiesa viene assassinato a Palermo in un attentato di matrice mafiosa che conta, complessivamente, tre vittime. Da quel giorno sono passati 40 anni, eppure resta viva la memoria del generale, diventato un simbolo della lotta alla mafia.

Omicidio Carlo Alberto Dalla Chiesa: i fatti

Carlo Alberto Dalla Chiesa era stato nominato da pochi mesi prefetto di Palermo dal Consiglio dei ministri. Il Governo, allora presieduto da Giovanni Spadolini, sperava infatti che il generale riuscisse ad ottenere, con la mafia siciliana, gli stessi risultati che aveva raggiunto nel contrastare il terrorismo grazie al fenomeno del “pentitismo”, che aveva portato molti militanti a collaborare con la giustizia in cambio di una riduzione di pena, consentendo centinaia di arresti e, di fatto, lo smantellamento delle organizzazioni terroristiche. Dalla Chiesa aveva accettato l’incarico, seppur con qualche riserva, all’età di 62 anni. E all’età di 62 anni morì. 3 settembre 1982. Il generale e sua moglie, Emanuela Setti Carraro, erano a bordo di una Autobianchi A112, mentre l’agente di scorta, Domenico Russo, li seguiva con un’Alfetta a poco più di una decina di metri. In via Isidoro Carini, a Palermo, la macchina dei coniugi fu affiancata da due auto e due moto di grossa cilindrata, da cui furono sparati all’incirca 300 colpi con un mitra AK-47, un Kalashnikov. Setti Carraro era alla guida e Dalla Chiesa tentò di farle da scudo con il corpo, ma entrambi morirono sul colpo, mentre Russo morì in ospedale dopo 15 giorni. Per i tre omicidi furono poi condannati all’ergastolo, come mandanti, i vertici dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra, ossia i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci. Nell’ultima intervista del generale, rilasciata qualche giorno prima al giornalista Giorgio Bocca, queste erano state le sue profetiche parole:

Credo di aver capito la nuova regola del gioco: si uccide il potente quando avviene questa combinazione fatale, è diventato troppo pericoloso ma si può uccidere perché è isolato.

Le parole di Mattarella nel giorno del 40esimo anniversario

Oggi, nel giorco del ricordo, in occasione dei 40 anni dall’attentato, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dedicato delle parole al generale Dalla Chiesa, così come alle altre due vittime di quel tragico 3 settembre.

La uccisione, quaranta anni or sono, del Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie Emanuela Setti Carraro, il ferimento mortale dell’agente Domenico Russo, deceduto alcuni giorni dopo, gettarono Palermo, la Sicilia, il Paese intero nello sgomento. Ancora una volta la ferocia della violenza criminale mafiosa, in un crescendo di arroganza, non risparmiava un servitore della Repubblica né le persone che avevano l’unica colpa di essergli vicine. Quell’estremo gesto di sfida contro un eroe del nostro tempo, un Carabiniere protagonista della difesa della democrazia contro il terrorismo, si ritorse contro chi lo aveva voluto. La comunità nazionale, profondamente colpita da quegli avvenimenti, seppe reagire dando prova di compattezza e di unità d’intenti contro i nemici della legalità, delle istituzioni, della convivenza civile. Strumenti più incisivi di azione e di coordinamento vennero messi in campo, facendo tesoro delle esperienze di Dalla Chiesa, rendendo più efficace la strategia di contrasto alle organizzazioni mafiose.

E ha proseguito:

Quello sforzo fu sostenuto e accompagnato da un crescente sentimento civico di rigetto e insofferenza verso la mafia, che pretendeva di amministrare indisturbata i suoi traffici, seminando morte e intimidazione. Commozione e sdegno alimentarono le speranze dei siciliani onesti, ne rafforzarono il rifiuto della prepotenza criminale. La lezione di vita del Prefetto Dalla Chiesa, la memoria delle vittime di quel vile attentato vivono nell’impegno delle donne e degli uomini che nelle istituzioni e nella pubblica amministrazione operano per la difesa della legalità, dei giovani che vogliono costruire una società più giusta e trasparente, dei tanti cittadini che, consapevoli dei loro diritti e doveri, avversano responsabilmente la cultura della sopraffazione e della prevaricazione. Nel rendere omaggio al ricordo di quell’estremo sacrificio, rinnovo alle famiglie Dalla Chiesa, Setti Carraro e Russo la solidale vicinanza mia e dell’intero Paese.