La Corte di Londra ha deciso: dopo aver consultato i medici, i giudici della Gb hanno decretato che bisogna staccare la spina ad Archie Battersbee, il bambino di 12 anni in coma. Una decisione che non rispetta le volontà della famiglia – tanto che il padre ha avuto un infarto – che promette di non arrendersi: pronto l’appello alla Corte europea di Strasburgo.

Gb, i giudici dicono di staccare la spina al bambino in coma: “Decisione difficile da prendere”

Una decisione difficile da prendere per i giudici della Gran Bretagna che, tramite la sentenza della Corte di Londra, hanno deciso di staccare la spina ad Archie Battersbee, il bambino 12enne in coma: una decisione difficile da prendere per il collegio giudicante della Gb, che ha tenuto conto anche della posizione e dei sentimenti della famiglia. L’ultimo verdetto ha confermato quelli precedenti, dando ragione ai sanitari piuttosto che alle richieste del padre e della madre, con i giudici d’appello che hanno rifiutato l’istanza dell’avvocato di famiglia in favore di un ulteriore esame di merito: così facendo è stata ribadita la convinzione che sia esaurita ogni ragionevole aspettativa di un risveglio del 12enne, valutando nel migliore interesse del bambino la fine di un’agonia che dura da mesi.

I genitori non accettano la sentenza e sono pronti a dar battaglia: il padre del bambino, da quanto si apprende, ha avuto un infarto ma sta bene, tanto da chiedere e ottenere una proroga di 48 ore per consentire a lui e alla moglie di rivolgersi alla Corte europea di Strasburgo dei diritti dell’uomo per verificare l’eventuale ammissibilità del caso in quella sede.

La vicenda di Archie Battersbee

La storia di Archie Battersbee, il bambino in coma, ha attirato l’attenzione di tutto il Regno Unito, con le emittenti televisive della Gb che seguono attentamente la sua vicenda. Il 7 aprile il 12enne è stato trovato privo di conoscenza in casa a Southend, nell’Essex per poi essere trasferito al Royal London Hospital dove è caduto in un coma profondo. A maggio l’equipe medica che segue il ragazzo ha dato come diagnosi un’irreversibile di morte delle cellule cerebrali. Nonostante il parere dei medici i genitori, Paul e Hollie, non si danno per vinti.

La madre, spinta da convinzioni religiose e non solo, contesta le argomentazioni dei giudici e dei medici, nutrendo la sua speranza nei piccoli segnali di progresso che il suo avvocato ha presentato in aula: con l’ultima sentenza, la speranza ora è tutta nelle mani della Corte europea di Strasburgo.

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