Boris Johnson dimissioni dalla guida del Partito Tory ma resta premier fino a quanto i conservatori non avranno scelto un successore. Il premier britannico ha annunciato le sue dimissioni da leader del partito conservatore e dal governo, precisando, tuttavia, che rimarrà in carica fino a quando il partito Tory non avrà scelto il nuovo leader. Il premier dimissionario ha precisato che il processo comincerà subito e che il calendario per l’elezione sarà reso noto la prossima settimana. 
BoJo ha aggiunto che in politica nessuno è “lontanamente indispensabilema che lascia con tristezza perché il suo è stato “il miglio lavoro del mondo”.

“Il nostro sistema brillante e darwiniano produrrà un altro leader”,

ha osservato, assicurando che darà al suo successore tutto il sopporto necessario.

“Il motivo per il quale ho resistito con così tanta forza negli ultimi giorni non è solo perchè lo volevo fare ma perchè sentivo che era il mio lavoro, il mio compito, il mio dovere farlo”. 

Si riunirà in giornata, a Londra, il potente 1922 Committee, l’organismo di vertice dei Tory, per decidere la data dell’elezione del successore di Boris Johnson alla guida del partito. Alcuni deputati spingono per anticipare la votazione in modo da evitare di dover attendere l’intera estate, fino all’autunno, per scegliere chi sostituirà Bojo a Downing Street. “Non importa se lui dice che rimarrà fino all’autunno” ha aggiunto una fonte alla Bbc.

Boris Johnson dimissioni dal Partito Tory ma resta premier fino al nuovo leader

Il premier britannico Boris Johnson getta la spugna: pressato da una valanga di dimissioni e sulla graticola da mesi, per una serie di scandali (dal partygate a quello Pincher) ma anche con un Paese immerso in una crisi economica pesante, ha capito che non può restare a Downing Street. Lascia quindi la guida del Partito Tory e resterà premier fino a quanto i conservatori non avranno scelto un successore. Il premier avrebbe preso la decisione di dimettersi stamane intorno allee 9.30, dopo aver parlato con Sir Graham Brady, il presidente del potente 1922 Committe, l’organismo di vertice del partito Tory, che ormai gli è fortemente alieno. Bojo ha cercato di resistere fino all’ultimo ma quando stamane anche i più stretti collaboratori, compreso l’appena nominato Cancelliere dello Scacchiere, Nadhim Zahawi, gli ha chiesto di andarsene, non ha avuto altra scelta.
 In mattinata c’era stata una nuova raffica di dimissioni nel governo, ora arrivate in tutto a 57 in meno di 48 ore. Johnson parlerà ora al Paese (secondo la Bbc in mattinata prima dell’ora di pranzo). Ora si apre la corsa alla successione nel partito Tory. Tra i principali contendenti tre hanno nomi stranieri: uno è lo stesso Zahawi, che non è neppure nato in Gran Bretagna ma in Iraq; un altro è Rishi Sunak, che è stato capo del Tesoro dal febbraio 2020, a lungo considerato il naturale successore di Bojo; l’altro è Sajid Javid, fino all’altro ieri ministro della Sanità, che è stato il primo a dimettersi sull’onda dello scandalo Pincher che ha innescato il terremoto.

Gran Bretagna dimissioni di altri quattro ministri

Ministri e pezzi grossi del partito conservatore si sono dimessi a raffica nelle ultime ore. Stamattina il responsabile del dicastero per l’Irlanda del Nord, Brandon Lewis, e della Segretaria dello Scacchiere al Tesoro, Helen Whately (responsabile per la crescita e la produttività) il ministro per la sicurezza, Damian Hinds, e quello per la Scienza, George Freeman, hanno rassegnato le loro dimissioni. Whately, nella sua lettera di congedo a Johnson, ha ricordato di aver sostenuto il premier negli ultimi mesi, chiedendogli di rimanere in carica ma “non si può solamente chiedere scusa e poi rimanere in eterno”.

“È stato un enorme privilegio e responsabilità ricoprire il ruolo di ministro della Sicurezza. Non devono volerci le dimissioni di membri di colleghi, ma per il nostro Paese, e confidando nella nostra democrazia, occorre un cambio di leadership”,

ha dichiarato il ministro per la Sicurezza Hind poco prima di uscire dal Governo.

Una situazione degenerata in meno di 24 ore ma prevedibile. Solamente nelle ultime 14 ore, dodici ministri fra i più vicini al premier, avevano lasciato il loro posto per cercare di convincere lo stesso a dimettersi spontaneamente. Uno scenario che Johnson aveva respinto a più riprese, ribadendo di non avere alcuna intenzione di “lasciare il Paese alla mercé delle questioni enormemente importanti” che deve affrontare.