Nel documento conclusivo del G7 in Germania, i leader delle principali economie mondiali fanno sapere di aver raggiunto un accordo per lavorare all’introduzione di un price cap, ossia di un tetto massimo del prezzo, relativo al gas russo. Ne consegue che la strategia dell’insistenza attuata di Mario Draghi ha smosso le acque.

G7, sì al price cap sul gas russo: “La Russia non deve trarre vantaggio dai profitti energetici”

Il vertice del G7 a Elmau, in Germania, si chiude con la notizia probabilmente più attesa dei tre giorni: il price cap sul gas russo entra ufficialmente nell’agenda politica delle potenze economiche mondiali. Lo si apprende dal lungo comunicato di 30 pagine diffuso sui canali istituzionali del summit e rappresenta un successo parziale personale di Mario Draghi.

Alla fine è dunque prevalsa la linea della coscienza sostenuta dal premier italiano, il quale ha insistito sul fatto che la Russia sfrutti le forniture di materie prime, quali gas e petrolio, per finanziare la guerra in Ucraina.

“I membri del G7 si impegnano ad adottare misure immediate per garantire l’approvvigionamento energetico e ridurre gli aumenti dei prezzi causati da condizioni di mercato straordinarie, anche esplorando misure aggiuntive come il price cap. Stiamo lavorando per assicurarci che la Russia non sfrutti il suo predominio energetico per trarre profitto dalla sua aggressione a spese dei Paesi vulnerabili. Riaffermiamo il nostro impegno a eliminare gradualmente la nostra dipendenza dall’energia russa, senza compromettere i nostri obiettivi climatici e ambientali”

Dopo il petrolio anche il gas, anche se la strada rimane in salita

L’accordo sul price cap al gas russo segue a ruota quello arrivato poche ore prime sul petrolio proveniente da Mosca. L’obiettivo rimane il medesimo, ossia diminuire le entrate del Cremlino che poi vengono riversate come finanziamenti bellici, e conseguentemente ridurre la dipendenza dalla Russia. Rispetto al gas il greggio ha il vantaggio di essere facilmente “tassabile” in quanto trasportato soprattutto per via marittima. E anche solo leggendo il primo paragrafo del documento conclusivo (legato al clima), si capisce come sul petrolio le idee siano più chiare.

“Mentre eliminiamo gradualmente il petrolio russo dai nostri mercati domestici, cercheremo di sviluppare soluzioni che soddisfino i nostri obiettivi di ridurre le entrate russe dagli idrocarburi e di sostenere la stabilità dei mercati energetici globali, riducendo al minimo gli impatti economici negativi, soprattutto sui Paesi a basso e medio reddito”.

In generale sul clima si cerca di accelerare per raggiungere la neutralità climatica prevista per il 2050:

“Riaffermiamo il nostro impegno a rispettare l’Accordo di Parigi, tuttavia notiamo con crescente preoccupazione che gli sforzi finora compiuti non sono sufficienti. Attueremo pertanto interventi urgenti, ambiziosi e inclusivi”.

14 miliardi per garantire la sicurezza alimentare globale

Infine, spazio al capitolo sicurezza alimentare e sostegno all’Ucraina. Il tema cruciale rimane il blocco del grano nei porti ucraini sul Mar Nero, con pochissimi carichi che hanno lasciato la regione. I leader lanciano un nuovo affondo contro Vladimir Putin, accusato di voler causare una crisi alimentare diffusa:

“Ribadiamo il nostro appello alla Russia affinché cessi il blocco navale dei porti ucraini del Mar Nero e arresti l’opera di distruzione delle infrastrutture, oltre all’appropriazione illegale di materie prime agricole e attrezzature ucraine. Continueremo a supportare il lavoro delle Nazioni Unite per creare un corridoio marittimo sicuro e stabiliremo percorsi alternativi per il trasporto. Stanzieremo 4,5 miliardi di dollari per proteggere i più vulnerabili dalla minaccia di una crisi alimentare”.