Scuola in protesta, anche se mancano pochi giorni alla fine dell’anno scolastico. Ieri sono scesi in piazza docenti di tutta Italia per un sit in contro le novità introdotte dal Governo sul tema dell’istruzione. Si tratta dal primo sciopero unitario del settore dal 2015: sindacati compatti contro i cambiamenti previsti sul tema della formazione, reclutamento, salario e carriera.

Protesta scuola

In piazza Santi Apostoli a Roma uniti in protesta i coordinatori delle sigle dei sindacati spiegano le motivazioni dello sciopero. “Si continuano a ripetere gli stessi errori. Oggi siamo qui tutti insieme perché la scuola non ci sta ad essere tagliata per l’ennesima volta”, accusa la segreteria generale Cisl Scuola Ivana Barbacci. “Il governo ha deciso di introdurre con un decreto legge il sistema di formazione destinato a pochi insegnanti senza finalità, senza qualità e senza uno scopo ben preciso”, prosegue. “Sono previsti 11600 tagli personale nei prossimi anni che andranno a creare disagio in termini anche quelli che sono gli obiettivi del Pnrr non diminuendo il numero di alunni per classe”, continua. “Ci sono 250mila docenti precari che stanno svolgendo servizio da oltre 36 mesi e per queste persone non serve una sanatoria ma un percorso adeguato.

I presidi

Sandra Scicolone dell’Associazione Nazionale Presidi, è intervenuta sul tema ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” condotta dal direttore Gianluca Fabi su Radio Cusano Campus. “Le percentuali di partecipazione allo sciopero non sono state così esaltanti considerando che tutti i sindacati sono scesi in piazza -ha affermato Scicolone-. Fermo restando il diritto di ciascuno di scioperare, non condividiamo le ragioni della protesta nella misura in cui sono legati al decreto legge 36 del Pnrr legato al reclutamento e la formazione all’ingresso e il servizio. Non condividiamo neanche la tempistica, siamo alla fine dell’anno scolastico, quindi ci è sembrato anche inopportuno il momento. Semmai ci fosse stata una ragione di sciopero, dovrebbe essere la riduzione delle risorse a favore dell’istruzione dal 4% al 3,5% del pil”.