Una decina di donne a Kabul hanno dato vita a una protesta per chiedere il diritto all’istruzione e più libertà sul lavoro: una sfida aperta al regime dei talebani in Afghanistan, i quali hanno sequestrato i cellulari alle manifestanti – molte a volto coperto come imposto dalla legge – per evitare di riprendere la protesta.

I talebani respingono le accuse dell’Onu

La protesta delle donne a Kabul ha riportato l’attenzione dell’Onu sull’Afghanistan che, già nei mesi passati, aveva profonda preoccupazione per le sempre più crescenti restrizioni sui diritti umani e delle libertà fondamentali delle donne. Il Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite, nella giornata di martedì, aveva criticato la scelta del governo dei talebani di limitare alle donne l’accesso all’istruzione, al lavoro, alla libertà di movimento e alla partecipazione alla vita pubblica.

Nonostante l’invito dell’Onu a rivedere questi punti, i talebani respingono ogni tipo di accusa, come si evince dalle parole del il ministero degli Esteri:

“Questi timori per le sorti del Paese sono infondati. Il governo riafferma l’impegno per i diritti di donne, bambini e minoranze nel contesto religioso e culturale del popolo afghano” 

Afghanistan, non è la prima protesta delle donne

Le donne scese in strada a Kabul per la protesta per il lavoro e l’istruzione hanno intonato diversi slogan: quello più utilizzato era ‘L’istruzione è un mio diritto. Riaprite le scuole’ scandito più volte durante la manifestazione. Non è la prima volta che le donne in Afghanistan si ribellano alla legge dei talebani: la scorsa settimana alcune conduttrici tv si sono presentate a volto scoperto, salvo tornare indietro dopo le pressioni delle emittenti.

La recente manifestazione era per chiedere “pane, lavoro e libertà”, ma la protesta è stata fatta terminare da alcuni talebani in borghese che, tra le altre cose, hanno sequestrato i cellulari alle manifestanti, la maggior parte di loro a volto coperto.

 

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