Tra Covid, Omicron, mascherine e avanzamento dei vaccini, il dott. Ottavio Di Stefano (presidente OMCEO), ospite a Pomeriggio con noi, ha trattato svariati argomenti. Incalzato dalle domande di Debora Carletti e Francesco Acchiardi, ha evidenziato le criticità di questa situazione e gli accorgimenti che dovremo avere in vista delle prossime stagioni.

Sta calando lentamente l’incidenza di casi Covid, come commenta questi dati?

Una notizia buona, noi medici siamo prudenti, è deformazione professionale, perché bisogna pensare alla stagione calda nella quale ci troviamo e il Covid si allevia durante questo periodo.
La campagna vaccinale è stata eccezionale, ha prevenuto una serie importante di decessi, ma proprio per questo dovremo comunque stare attenti e prepararci in qualsiasi caso all’Autunno.

Molti sono contrari alla mascherina, lei è d’accordo?

Sono un sostenitore della mascherina al chiuso, soprattutto la FFP2 dona una protezione elevata, superiore al 75%. Ma l’utilizzo della mascherina, anche se si viene a contatto con un positivo, ha il potenziale del filtro che va a contrastare la carica virale. Giusto non adoperarla all’aperto, ma al chiuso è ancora necessaria.

Il virus circola ancora, quand’è che finirà secondo lei? Questa fase che stiamo vivendo è la convivenza che ci avevano anticipato?

Storicamente tutte le pandemie finiscono, ma concretamente credo che la pandemia finirà quando avremo vaccinato tutto il mondo. C’è una grande frattura nelle vaccinazioni tra il mondo occidentale, l’africa e l’estremo oriente.
La prospettiva per andare verso lo spegnimento della vaccinazione si fonda sull’intervento in quei luoghi socioeconomici dove molti sono ancora rimasti indietro. Noi dovremmo elevare la nostra capacità di divulgazione scientifica. I dati devono essere confermati di giorno in giorno e con il Covid ci siamo ritrovati nuovamente agli anni ‘30 del 900 per le nostre conoscenze. Ci ha lasciato indietro arrivando a colpire tutto il mondo improvvisamente. Penso che per la vaccinazione, a livello mondiale, bisogna fare molto di più, ma bisogna essere molto realistici. In paesi africani i vaccini che necessitano di una determinata temperatura per sopravvivere e avere efficacia bisogna fare ragionamenti economici e logistici, andando a selezionare vaccini specifici per quelle aree. Questa non è solo solidarietà, ma anche un’accortezza per tutto il mondo.

Oggi in Lombardia sono stati stimati altri 37 ricoveri in terapia intensiva, come commenta questi dati nonostante il continuo della campagna vaccinale?

C’è un’assoluta discrepanza tra vaccinati in terapia intensiva e non vaccinati. La differenza c’è ed è sostanziale. I vaccinati che finiscono in terapia, attualmente, sono casi fragili, anziani, persone con malattie pregresse in stato avanzato. Per questi soggetti anche la quarta dose può risultare non efficace quanto desidereremmo.

In Europa un uso improprio di antibiotici porta a un cospicuo numero di decessi, il tutto dovuto soprattutto dovuto a fake news che li indicavano come uno strumento utile contro il Covid. Cosa ne pensa?

È un problema enorme. I batteri combattuti dagli antibiotici non c’entrano nulla contro il Covid, i batteri diventano sempre più resistenti e gli antibiotici non vanno ad attecchire contro questi. Gli antibiotici devono essere dati solo dopo prescrizione medica e assunti per un determinato periodo di tempo e attraverso un determinato dosaggio. L’uso self in casa di antibiotici determina che, quando arriverà un’infezione batterica, sarà necessario prendere un dosaggio ancora più forte e dannoso per il nostro organismo.

La comunicazione per la campagna vaccinale prosegue, ma a rilento, come ci dovremo comportare in futuro?

C’è una speranza. A settembre dovremo avere un vaccino costruito contro le varianti e potrebbe evitare di dover fare una quarta dose. Una doppia somministrazione, durante la vaccinazione influenzale, potrebbe prevenire qualsiasi formazione futura di Covid.

La variante attuale di Omicron è totalmente diversa dalla prima ondata?

Sì, rispetto a quello originario è totalmente diverso, sono varianti che continuano a evolversi.

I casi di long covid colpiscono 1 persona su 7 e influenzano sempre più i casi di ricoveri. Come si spiega tutto ciò?

Il 50% dei ricoverati hanno una sequela che noi chiamiamo long covid, non c’è una correlazione diretta tra long Covid e ricoveri però. Colpisce prevalentemente anziani, ma in alcuni casi anche giovani e la fascia pediatrica. È una malattia multiorgano e i sintomi sono stanchezza muscolare, difficoltà respiratoria e difficoltà di concentrazione.
Recentemente è uscito uno studio sulla sintomatologia, ci ha mostrato che lo conosciamo bene, ma non abbiamo ancora una terapia specifica per contrastarlo. Dovremo far passare del tempo per comprenderlo maggiormente e poterlo affrontare nel miglior modo possibile.

Quanto durano questi sintomi?

Ci sono stati casi di Covid, soprattutto a Wuhan, che sono perdurati anche fino ad oggi. Il Covid, però, piano piano, va a esaurirsi, ma noto, tramite dati empirici, che gli strascichi sono sempre presenti e si manifestano ancora dopo diverso tempo.

Leggi anche: Covid oggi, ISS conferma il calo dei contagi. Bassetti: “Basta mascherine”