La Pasqua ortodossa celebrata nelle Chiese orientali, oltre a non essere stata accompagnata – come invocato da piu’ parti – da una tregua nell’offensiva russa in Ucraina, e’ stata anche l’occasione per rinsaldare come non mai il legame di ferro tra il presidente Vladimir Putin e il capo della Chiesa ortodossa russa, il patriarca di Mosca Kirill.

Le immagini di Putin con una candela rossa in mano e che si fa il segno della croce durante il servizio pasquale notturno celebrato da Kirill nella chiesa cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca, presente anche il sindaco della capitale Sergej Sobjanin, hanno fatto il giro del mondo. E sono state anche il segnale inequivocabile, sia verso l’interno del “mondo russo” che verso l’esterno, che il capo del Cremlino gode quanto mai prima del sostegno, non solo morale, del patriarca di Mosca e di tutte le Russie.

Hanno fatto molto discutere, nelle scorse settimane, le sortite di Kirill benedicenti l’invasione dell’Ucraina, vista – con toni metafisici e apocalittici – come una sorta di “guerra santa” contro l’avanzare dall’Occidente delle derive immorali e anti-cristiane simboleggiate dal Gay Pride. Il Patriarca ha esortato esplicitamente a combattere contro “i nemici interni ed esterni della Russia”. Nel sermone dell’altra sera davanti a Putin, Kirill non ha usato accenti altrettanto bellicisti, non ne aveva bisogno, ma ugualmente improntati alla “vittoria”.

Al patriarca, per la Pasqua ortodossa, ha inviato una lettera papa Francesco. “Caro fratello! Possa lo Spirito Santo trasformare i nostri cuori e renderci veri operatori di pace, specialmente per l’Ucraina dilaniata dalla guerra, affinche’ il grande passaggio pasquale dalla morte alla nuova vita in Cristo diventi una realta’ per il popolo ucraino, desideroso di una nuova alba che porra’ fine all’oscurita’ della guerra”.

Insomma, parole radicalmente diverse da quelle pronunciate da Kirill e che hanno contribuito a far annullare l’incontro inizialmente previsto. Già, perché oltretevere fanno riservatamente sapere che Papa Francesco è sempre più freddo rispetto all’ipotesi di un incontro con il capo della chiesa ortodossa. “Il rischio è di venire strumentalizzati e quindi di finire con il diventare ‘la foglia di fico’ alla guerra di Putin” spiega senza mezzi termini un alto prelato. Che aggiunge: “Nelle ultime settimane erano Putin e Kirill quelli che stavano spingendo maggiormente per avere un incontro con Papa Francesco”. I motivi sono due: legittimare la posizione della Russia agli occhi del mondo e utilizzare l’incontro per scopi propagandistici. Capita l’antifona, però, in Vaticano hanno preferito rinunciare: concedere in questa fase della guerra, senza nemmeno uno straccio di tregua, una “photo opportunity” alla leadership della chiesa ortodossa russa, così strettamente legata a Putin, sarebbe stato veramente troppo.

Ecco perché è stato annullato l’incontro già previsto per il prossimo 14 giugno a Gerusalemme, dove Francesco sarebbe dovuto arrivare dalla sua visita di due giorni in Libano, e che invece la diplomazia vaticana ha preferito annullare. Nessuno avrebbe compreso, e non soltanto in Ucraina, il senso di un abbraccio tra il Papa che predica incessantemente la pace, e il Patriarca, di fatto padre e sostenitore spirituale di Putin, che benedice la guerra.