Dal governo di Boris Johnson un nuovo, controverso capitolo proviene dalla gestione dei migranti. L’esecutivo di Londra infatti ha avuto l’idea di chiedere a un altro Paese di occuparsi delle persone che giungono irregolarmente sull’isola. Il Ruanda per l’esattezza. Il tutto con annesso patto formalizzato stamane dai due Paesi.

Il controverso accordo sui migranti fra Regno Unito e Ruanda

Si chiama “Partneship per lo sviluppo economico” l’accordo siglato a Kigali fra i due Stati con tanto di nota ufficiale del governo britannico: nel testo si prevede che i richiedenti asilo entrati illegalmente nel Paese oltremanica possano essere trasferiti in Ruanda per la gestione delle loro richieste. Senza però garantire di poter entrare effettivamente nel Regno Unito, alla fine. Anzi: nel testo infatti si legge che il Ruanda considererà “le loro richieste di asilo, dando attuazione ai loro diritti ai sensi del diritto internazionale attraverso il sistema nazionale di asilo ruandese e predisponendo l’insediamento in Ruanda di coloro che sono riconosciuti come rifugiati o che necessitano di protezione“.

Le garanzie

Sfogliando ancora la nota ufficiale diramata dal governo britannico, e andando al punto 10.1 dell’accordo, si abbozza il futuro delle persone arrivate nel Paese africano: “Per coloro che sono riconosciuti come rifugiati dal Ruanda, il Ruanda garantirà all’individuo ricollocato lo status di rifugiato e fornirà lo stesso livello di sostegno e alloggio di un individuo ricollocato che richiede asilo, integrazione nella società e libertà di movimento in conformità con la Convenzione sui rifugiati. Quelli riconosciuti come rifugiati saranno trattati in conformità con la Convenzione sui rifugiati e gli standard internazionali e ruandesi“. La questione diventa più farraginosa quando al punto 11 si para del ritorno delle persone ricollocate nel Regno Unito: “A seguito di una richiesta avanzata dal Regno Unito, il Ruanda adotterà tutte le misure ragionevoli in conformità con gli standard internazionali in materia di diritti umani per rendere un individuo ricollocato disponibile al rimpatrio nel Regno Unito qualora il Regno Unito fosse legalmente obbligato a facilitare il rimpatrio di quella persona“.

 

Le tensioni intorno all’accordo

La prima posizione non favorevole a questo accordo avviene tacitamente dentro il governo di Boris Johnson: il ministro per i rifugiati, Lord Richard Harrington – insediatosi lo scorso 8 marzo – infatti a una domanda diretta sul suo supporto a questo piano ha preferito non rispondere. Lo stesso Johnson ha confermato che il suo piano per i migranti sarà contestato a livello legale e che probabilmente non entrerà subito in vigore:

“Siamo fiduciosi che il nostro nuovo partenariato sulla migrazione sia pienamente conforme ai nostri obblighi legali internazionali, ma ciononostante prevediamo che ciò sarà contestato nei tribunali, e se questo paese è visto come un debole per l’immigrazione illegale da alcuni dei nostri partner, è proprio perché abbiamo un esercito così formidabile di avvocati politicamente motivati ​​che per anni si sono occupati di contrastare i traslochi e frustrare il governo. Quindi so che questo sistema non avrà effetto dall’oggi al domani”.

Nella giornata di oggi poi è stato confermato con una visita dello stesso Primo ministro che sarà la Royal Navy – la marina militare di Sua Maestà – a pattugliare il canale della Manica per cercare di contenere i migranti verso il Regno Unito. Da segnalare come, secondo un sondaggio di YouGov, solo il 35% dei britannici sarebbe favorevole a questo accordo.