Dostoevskij era russo e ciò, in queste ore complesse, può essere squalificante. Non è giusto perché è una generalizzazione, ma è verità che tutto quello che proviene da là generi sfiducia a causa delle scelte di Putin sotto gli occhi di tutti. Ecco perché l’Università Bicocca di Milano aveva deciso di bloccare un corso sullo scrittore in quanto autore russo. La comunità accademica è insorta perché una simile decisione altri non è che espressione del nulla della cancel culture, la rimozione degli autori del proprio canone che asseconda l’ospite più inquietante del nostro tempo, un nichilismo che ovunque proietta il suo cono d’ombra. Alla fine di tutta questa polemica, il corso s’è salvato ma “se l’è vista brutta”.

Sull’assurdità della scelta di boicottare un corso universitario su Dostoevskij interviene il filosofo Diego Fusaro su Il Fatto Quotidiano con queste parole:

“Dostoevskij è, con tutta evidenza, uno dei fondamenti della nostra civiltà europea: censurarlo significa censurare la nostra civiltà, promuovere quella “cappa”, come recentemente l’ha appellata nel suo libro Marcello Veneziani, che tende a occultare simboli e identità, culture e storie. Si pone come l’apice deltramonto di un Occidente che si vergogna di sé, ha paura della propria storia che pure, nell’atto stesso con cui prova a cancellarla con un colpo di spugna, si rivela ogni volta costretto a ripetere.

Dostoevskij parla dell’uomo in quanto tale: la sua prosa è del tutto avulsa da sentimenti nazionalistici e magari anche apertamente xenofobi. Dostoevskij è un autore russo, certo, ma la cui opera è patrimonio dell’umanità tutta: egli parla all’uomo, a ogni uomo. Cancellare gli autori della letteratura russa e discriminare i cittadini “colpevoli” di avere il passaporto russo, chiedendo loro di prendere posizione sulla guerra, è un gesto degno della civiltà europea? È davvero questa l’Europa di Kant, Husserl e Spinelli?”

La lezione di Dostoevskij

Il motivo per cui alla fine la denuncia dello scrittore Paolo Nori è andata a buon fine +è che l’autore russo ha nella sua opera una morale importante:

“Oltretutto, Dostoevskij ci trasmette una lezione che non dovremmo sprecare. Il trait d’union dei suoi romanzi è che il nichilismo della morte di Dio, quello che oggi si respira in Occidente a ogni latitudine, non produce liberazione e vita. Au contraire, genera morte e servitù. Non è forse questo il fabula docet di Delitto e castigo o dei Demoni? Ebbene, il nichilismo della morte di Dio sta oggi favorendole ragioni della guerra e non della pace: e la guerra è, per sua essenza, l’emblema della morte e della potenza nullificatrice.”

Forse di Dostoevskij non fa paura la sua nazionalità, ma quel che ha scritto. E questo non può essere accettato. Piuttosto direzioniamo i nostri sforzi sull’ironia dei meme su Putin che possono fare di più della mannaia sulla cultura.

Ecco la denuncia di Nori sul boicottamento a Dostoevskij: