Ryan come il nostro, indimenticato, Alfredino Rampi. Più di 100 ore a 32 metri sotto terra, ingoiato da un pozzo che in alcuni punti arrivava ad un diametro massimo di 20 cm. Ha lottato per rimanere vivo Rayan, ma non ce l’ha fatta.

Il piccolo, appena 5 anni, si è opposto al suo atroce destino per quattro lunghi giorni, ore interminabili in cui ha tenuto con il fiato sospeso il Marocco ed il mondo intero, che ha pregato per lui. Mentre Rayan combatteva per restare in vita, un’imponente operazione di soccorso cercava di salvarlo, senza riuscirci.

Rayan, la notizia della morte

In uno sfiancante susseguirsi di notizie, tra ottimismo e disperazione, l’annuncio ufficiale della morte di Rayan ha avuto l’effetto di una doccia fredda. Si è passati dalle immagini che raccontavano che il bambino era stato recuperato, estratto vivo da quel budello che bucava la terra, alla nota della casa Reale del Marocco, che ha gettato in uno sconforto irreversibile: “E’ deceduto per le ferite riportate nella caduta”.

Come Alfredo Rampi

Questi drammatici giorni di tentativi di salvataggio e il triste epilogo con la morte del piccolo Rayan hanno riportato alla memoria di tutti le drammatiche ore di quel giugno 1981 e le terribili analogie col destino di Alfredino Rampi a Vermicino.

Anche per Rayan, come fu allora per il piccolo Alfredo, oltre ad un’immensa operazione di salvataggio, è arrivato anche l’eroe che avrebbe potuto cambiare il corso delle cose. Ali El Jajaoui, arrivato da Erfoud, di professione specialista di pozzi, che appena appresa la notizia del bimbo è subito partito dal sud del Paese
per raggiungere il villaggio di Rayan.

L’eroe del deserto ha scavato per ore e ore senza fermarsi, fino a trovare una voragine che ha permesso di arrivare alla profondità in cui si trovava il bambino. Ma quella che poteva essere una via di fuga, si è tramutata nel tratto di strada che ha consentito ai soccorritori di raggiungere il corpo senza vita di Rayan.

Nel primo pomeriggio di sabato tutto era pronto per estrarre Ryan vivo, la folla di spettatori pregava. Al grido di Allah Akbar i fedeli si sono raccolti attorno al pozzo dove si era posizionata anche l’equipe medica di pronto intervento, l’ambulanza e un anestetista.

L’epilogo concitato tra speranza e disperazione

Quando i tempi hanno cominciato ad allungarsi le speranze sono cominciate a venir di nuovo meno. L’ennesima roccia incontrata sul percorso ha fatto calare il gelo, poi le distanze dal bambino si sono accorciate, ma alle 17.30 c’erano ancora 80 centimetri di masso da sgretolare. Un’operazione difficilissima che ha mobilitato le forze marocchine, gli speleologi, i volontari sostenuti dalla comunità locale che per giorni ha preparato il cibo e offerto riparo.

“Rayan è vivo, lo tireremo fuori oggi”. Ma non è andata così, per lui, ormai, non c’era più nulla da fare.