Col passare degli anni e con l’esaurirsi di testimonianze dirette, diventa sempre più rilevante celebrare la Giornata della Memoria oggi 27 gennaio. Perché questo è il giorno in cui, nel 1945, le truppe dell’Armata Rossa entrarono per la prima volta ad Auschwitz. Scoprendo l’enorme campo di concentramento e sterminio utilizzato nel corso del genocidio nazista.

La giornata del 27 gennaio 1945

Pochi giorni prima dell’arrivo delle truppe sovietiche, i nazisti avevano iniziato ad abbandonare il campo portando via alcuni prigionieri e cercando di cancellare le prove dello sterminio. Molti documenti furono bruciati e alcuni forni crematori distrutti ma quel giorno le prime truppe del generale Viktor Kurockin che entrarono ad Auschwitz, trovarono circa 7.000 prigionieri allo stremo, malati e affamati. Molti erano bambini e una cinquantina di loro aveva meno di otto anni. Sopravvissuti perché usati come cavie per la ricerca medica.

Si calcola che solo ad Auschwitz morirono circa un milione di persone. Rom, sinti, comunisti, testimoni di Geova, omosessuali, disabili, slavi, dissidenti ma soprattutto ebrei. La giornata del 27 gennaio infatti è andata ad assumere col tempo un significato simbolico: quello della fine della persecuzione del popolo ebraico.

Memoria dell’Olocausto

Il Giorno della Memoria è stato riconosciuto ufficialmente da una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1º novembre 2005, durante la 42esima riunione plenaria dell’organizzazione e in occasione dei 60 anni dalla liberazione dei campi di concentramento. Secondo il testo delle Nazioni Unite, ogni anno, il 27 gennaio, tutti gli stati membri hanno il dovere di inculcare nelle generazioni future le “lezioni dell’Olocausto”.

La memoria della Shoah non ricorda soltanto il popolo ebraico, ma è un fatto universale che riguarda tutta l’umanità perché condannare il male non basta. È importante studiare, non dimenticare e non smettere mai di chiedersi come, un tale orrore, sia potuto accadere.

 

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