La trama di Cry Macho

1979, Texas. Mike Milo, vecchia star del rodeo, dopo il ritiro dalle scene a causa di un grave incidente che ne ha compromesso salute e carriera, è diventato l’ombra di se stesso. Si ricicla addestrando cavalli ma ha perso moglie e figlio ed è piombato nella depressione, annebbiato dall’alcool. Riceverà una seconda occasione, dal suo ex capo che gli affida un compito delicato e di fiducia: recuperare suo figlio Rafo, tredicenne dedito ai combattimenti tra galli che vive con la madre – una donna ricca quanto mentalmente instabile e violenta – a Città del Messico. Conquistarne la fiducia e riportarlo in Texas tra le braccia di suo padre, che ha già in mente per lui un futuro a capo del grande ranch di famiglia. La vita di Mike, cowboy al tramonto che non molla, sempre forte, silenzioso, tenace come il miglior Eastwood, ricomincia da questo difficile compito. 

Un lungo addio

cry macho“Essere macho è sopravvalutato”, al di là della frase che negli ultimi minuti il flemmatico protagonista rivolge a mezza bocca al suo giovane pupillo, in questo Cry Macho basato sul romanzo omonimo del ‘75, ultima pellicola di e con Clint Eastwood – 91enne che è ormai alla quarantesima regia – non si vede una grande disamina del machismo. Parliamo piuttosto di un film sulle seconde occasioni, che si divide tra romanzo di formazione e romantici quanto improbabili nuovi inizi, perché no, riservati anche a chi è già avanti con l’età. La vecchiaia, infatti, va affrontata alla Clint: con leggerezza e nonchalance, si vive alla giornata e non importa se sia l’ultima. Ma tutti, prima o poi, hanno diritto a un buen retiro, anche il più tosto dei cowboy. E Cry Macho da questa prospettiva è solo un’altra tappa di un lungo addio. 

Presentato in anteprima a Torino, è un western senile ma soprattutto un road movie che diventa viaggio della vita. Diverso dall’ultimo Richard Jewell, più vicino al precedente The Mule, è un tenero omaggio alla terza età che fa capolino già nella simpatica contraddizione alla base del titolo. Non fa particolarmente bene al box office, ma d’altronde le possibilità di far presa su un grande pubblico sono poche: se non ai soliti fan, oggi a chi importa di un vetusto texano alle prese con riflessioni e sentimenti crepuscolari. È un film che gioca sulle emozioni, degli affezionati. Abbondano i momenti sdolcinati, retorici, ma non guastano anzi impreziosiscono le disavventure della strana coppia, il cowboy in cerca di riscatto e il giovane teppista in erba, che si imbarca verso gli States in un pericoloso viaggio della speranza, o del “ritorno a casa” come recita il sottotitolo italiano.