Dalla Scala arriva ancora l’eco di quegli applausi. Il bis di performance che l’élite presente alla prima milanese ha chiesto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto molto rumore. Non c’è dubbio che quel coro abbia commosso l’inquilino del Quirinale, ma che gli faccia cambiare idea sul secondo mandato sembra davvero difficile.

“Devo riposare”

È dal discorso dell’ultimo dell’anno 2020 che il Presidente ha fatto emergere la sua posizione. “Sono vecchio, fra otto mesi potrò riposare” ripeteva a maggio il Capo dello Stato visitando una scuola primaria di Roma. Lo abbiamo visto poi cercare casa e tornare all’Università la Sapienza dove ha studiato, per ribadire, durante la cerimonia inaugurale dell’anno accademico, la prossima scadenza del suo incarico. Invito declinato dunque. Sempre con grande galanteria.

L’inquilino del Quirinale si è più volte schierato a favore dell’inserimento nella Carta Costituzionale del divieto di un secondo mandato. Lo ha fatto anche quando ha ricordato come i suoi predecessori Antonio Segni e Giovanni Leone avessero già proposto di vietare espressamente la rielezione del capo dello Stato.

Ddl Zanda-Parrini

In questo senso la presentazione del ddl contro la rieleggibilità al Colle e la conseguente abolizione del semestre bianco, presentata la scorsa settimana dal Partito Democratico e che porta la firma dei senatori Parrini-Zanda-Bressa, è un gesto di “galateo istituzionale”. Così come dichiarato da Dario Parrini, Presidente della Commissione Affari Costituzionali al Senato, durante la trasmissione Restart 264 su Cusano Italia TV.

Il disegno di legge dei dem modifica gli articoli 85 e 88 della Costituzione. Nell’articolo 1 si chiede di aggiungere al primo comma dell’articolo 85  che il presidente della Repubblica “non è rieleggibile”. L’articolo 2 chiede invece di abrogare il secondo comma dell’articolo 88, ovvero il semestre bianco. Quel periodo di sei mesi che antecede la nuova elezione e durante il quale presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere.

“Sul ddl si è molto almanaccato, si è tanto fantasticato”, ha sottolineato Parrini. “Non ha sotto testi o secondi fini. È un disegno costituzionale che non si lega ad una scelta contingente, non ha alcuna relazione con le scelte e il voto di gennaio”. Il senatore dem smentisce dunque i retroscena secondo cui l’obiettivo implicito della proposta (e più in generale del PD) sia influenzare in questo modo Mattarella ad accettare un secondo mandato, avendo la certezza che sarà l’ultima volta.

E se il segretario del PD Ernico Letta si dice certo che quella che attende a gennaio il Parlamento in seduta comune sarà un’elezione rapida e a larga maggioranza, l’ultima uscita di Matteo Salvini che rilancia il nome di Silvio Berlusconi come candidato del centrodestra, non fa presagire un percorso poi così spedito per il nuovo inquilino del Quirinale.

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Vedi l’intervista completa al senatore Dario Parrini (PD)