Più tecnica, meno classicità: due false alternative.

“A noi serve più cultura tecnica , a partire dalle scuole”, ha affermato recentemente il Ministro della transazione ecologica, Roberto Cingolani, ma sembra che a suo avviso tempo ed energie vadano recuperati ridimensionando certi studi classici , ad esempio le “Guerre puniche” : “ è inutile che continuiamo a fare tre o quattro volte le guerre puniche nel corso di 12 anni”, basta “una volta sola” osserva il Ministro, magari quando il ragazzo ha dodici o tredici anni ed il racconto della traversata delle Alpi dell’esercito di Annibale, con elefanti al seguito, può incuriosirlo.
Ridimensionare lo studio di circa 120 anni della nostra storia (264aC.-146aC.) significherebbe non solo mettere in secondo piano eventi che stanno alla base della nascita dell’Impero romano e della civiltà di Roma, con tutto quello che ne deriva su molteplici piani, dall’arte alla politica, dalla letteratura al diritto, ecc., ma significherebbe ridimensionare il ruolo fondamentale svolto dai Punici, cioè dai Fenici della Libia (Africa), nella storia dell’umanità, anche e soprattutto nel campo delle scienze e delle tecniche. Ad esempio la tecnica nautica, astronomica, delle costruzioni, della scrittura , dell’agricoltura e dell’esplorazione; in altri termini, senza la grande civiltà fenicio-cartaginese la storia delle scienze e della tecnica sarebbe stata diversa, sicuramente più povera, senza considerare che anche nel campo dell’organizzane politica, il sistema politico “misto” dei Cartaginesi fu elogiato da personaggi del calibro di Aristotele e Cicerone.
Il Ministro sembra non considerare un altro elemento, che in ambito pedagogico è ormai riconosciuto da quasi due secoli: una formazione adeguata combina ed integra la dimensione umanistica e quella tecnico-scientifica, che non nasce certo in età moderna, ma attraversa tutta la nostra storia e coinvolge culture diverse, come quella fenicia ed araba, appunto.

I cartaginesi maestri delle tecniche.

A chi ama la cultura tecnica, ma sembra credere che sia nata ieri, seppure porti un nome greco, Techne, appunto, possiamo ricordare con qualche rinvio rapsodico il grande contributo dei Fenici e dei Cartaginesi (Polibio usa i due termini come sinonimi) alla scienza ed alla tecnica, lasciando da parte qualche altra invenzione di poco conto, come quella del commercio , secondo Plinio opera dei Cartaginesi, o l’invenzione dell’alfabeto, attribuito ai Fenici da autori come Plinio e Diodoro Siculo, invenzione che permise ad una parte estesa dell’umanità di imparare a leggere e scrivere.
Nela Naturalis historia (XVI,23) Plinio ricorda che “i Fenici per primi usarono l’osservazione delle stelle nella navigazione”, in particolare l’Orsa Maggiore e la Minore, definita fidissima nautis, guida affidabilissima, chiamata anche Phoinike, stella fenicia. Queste conoscenze permisero loro di diventare maestri nella tecnica nautica, di navigare di notte e di seguire rotte atlantiche ad altri inaccessibili. I Fenici furono i primi a costruire le triremi e raggiunsero una perizia tale da essere capaci di costruire navi prefabbricate, come dovettero constatare i Romani, durante l’assedio di Cartagine, quando apparve una flottiglia di circa cinquanta navi cartaginesi dal porto militare, ritenuto vuoto perché ispezionato dai Romani qualche tempo prima. Se Imilcone viaggia sulle coste atlantiche dell’Europa, verso le terre del rame e di altri metalli utili, Annone esplora le coste atlantiche dell’Africa , vi fonda colonie sulle rotte versi il Sud, terre dell’ oro, avorio, pelli preziose e animali esotici.
Su incarico del faraone Neco II, una spedizione di marinai fenici , partendo dal Mar Rosso circumnavigò l’Africa, risalendo le coste atlantiche dell’Africa, fino alle Colonne d’Ercole, a Gibilterra, “avendo il sole ad oriente” (Erodoto, IV,42).

L’eccellenza della tecnica dell’agricoltura a Cartagine.

Quella dei Fenici e dei Cartaginesi non fu solo una scienza del mare, dell’astronomia, del calcolo, delle maree, della navigazione notturna, dell’esplorazione e via dicendo. Dopo la sconfitta nella seconda guerra punica, Cartagine poté far riferimento solo al suo entroterra africano, dopo aver perso tutto il suo impero marittimo, che andava da Malta a Cadice, dalla Sardegna alle colonie atlantiche. Ma fu in grado di sviluppare l’agricoltura in modo straordinario, tanto che Diodoro Siculo descrive i campi dei coltivatori cartaginesi come dei giardini e storici come Polibio e Appiano definiscono Cartagine, alla vigilia della terza guerra punica, come la città più ricca o fra le più ricche del mondo di allora. Gli stessi romani riconobbero l’eccellenza dell’agricoltura cartaginese e fecero tradurre in latino i 28 libri del trattato di agronomia di Magone.

Studiare meglio (non di meno) i classici.

Le considerazioni del Ministro Cingolani appaiono per più motivi incongrue: per un verso stabiliscono un primato della tecnica e della scienza sulla cultura umanistica che definì le caratteristiche e i metodi della prima come della seconda. In seconda istanza, il Ministro sembra ignorare che pochi popoli nella storia dell’umanità hanno dato un contributo fondamentale a tanti settori della scienza e della tecnica, come i Fenici e i Cartaginesi. Non abbiamo bisogno di studiare meno la nostra storia e la nostra civiltà umanistica, abbiamo bisogno di studiarle meglio, altrimenti potremmo anche diventare Ministri della Repubblica, ma continueremmo a dire cose senza gran senso.

Enrico Ferri, Professore di Filosofia del Diritto , all’Unicusano – www.ferrisstudies.com