“Il nostro Diritto non cambia, perché proviene direttamente dal Vangelo!”

Si tratta di un’affermazione messa in bocca ad un attore che interpreta il ruolo del Presidente del Tribunale della Sacra Consulta nella pellicola “In nome del Papa Re” (1977), avente per protagonista Nino Manfredi. Questa battuta del film vuole essere una provocazione per spiegare la Storia dei Rapporti tra Stato e Chiesa, passando necessariamente attraverso le trame del Diritto Canonico. Quest’ultimo è un Diritto, una scienza giuridica che discende dal Vangelo, ma ciò non significa che non sia oggetto di osservazioni e mutamenti, dettati dall’incalzare dei tempi. A nulla sarebbero valse, perciò, le promulgazioni di due Codici di Diritto Canonico (Codex e CJC) nel corso del Novecento e, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, l’entrata in vigore di un Codice delle Chiese Orientali (CCEO).
Non vi offrirò nulla di nuovo in questo contributo, in quanto chi vi scrive non si ritiene un genio dell’innovazione giuridica, ma, più semplicemente, con una punta di umana ambizione, intende darvi uno strumento, un sussidio.

Perché si studia la Storia del rapporto tra Stato e Chiesa? Perché si studia il Diritto Canonico? A cosa servono?

La Storia ed il Diritto Canonico vengono studiati per tre ragioni: culturale, fattuale e politico-sociale.

Nella cultura, anzitutto, va evidenziata la formazione a tutto campo dell’operatore del Diritto. Non basta, infatti, studiare il Diritto di un determinato Stato per comprendere la funzionalità del Diritto medesimo. Occorre, invece, avere un’ottica plurale. Mi spiego meglio: conoscere le norme che regolano il Diritto italiano o sapere il funzionamento delle Leggi presso gli antichi Romani non è sufficiente per avere chiari certi meccanismi. Il Diritto, in generale, è simile ad uno stampo in cui va inserito un impasto di regole. Dette regole sono la risultanza di una ricetta che ha per ingredienti il tessuto socio-culturale di un determinato territorio e, quindi, il modo di vivere e di operare di un popolo che vi dimora e che, conseguentemente, per realizzare ogni sua attività in maniera ordinata, abbisogna di norme. Immaginate una partita di calcio in cui i giocatori ora tirano la palla coi piedi ora con le mani: non mi immedesimerei nel povero arbitro, sempre che vi sia!

Per quanto riguarda il secondo motivo di studio, quello di ordine fattuale, va detto che il Diritto della Chiesa è stato di fondamentale importanza per la formazione dei vari Ordinamenti secolari, iniziatisi a costituire dal Medioevo in avanti. Il Diritto Canonico, infatti, ha impresso un carattere universale e questo lo si ritrova nei vari istituti di Diritto Privato, nonché nel Diritto Internazionale ovvero sovranazionale. Pensiamo, per esempio, al Matrimonio civile: esso non è altro che la secolarizzazione del Matrimonio-Sacramento; o ancora, alla fictio juris ovvero la finzione giuridica che il Legislatore opera per trattare la disciplina relativa a beni o persone, immaginando che vi sussista un soggetto astratto che si relazioni con quei beni ovvero con gli altri consociati.

È chiaro, pertanto, da queste rapide pennellate, quanto la Chiesa abbia saputo ben gettare le basi a livello teoretico del Diritto degli Stati, tanto quelli appartenenti alla famiglia giuridica di Civil Law quanto quelli di Common Law (rispettivamente area giuridica continentale ed area giuridica anglosassone).

Rapporto tra Stato e Chiesa nel contesto italiano

Circa il carattere politico-sociale del Diritto della Chiesa nei rapporti colle famiglie ordinamentali secolari; pongo brevemente l’accento sul contesto italiano. In Italia, vige un sistema concordatario: i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica sono regolati da un Concordato, rivisto e parzialmente modificato trentuno anni fa, nel Febbraio 1984. Il Concordato stabilisce dei reciproci riconoscimenti; ad esempio, la Repubblica italiana, in ragione di esso, riconosce il Matrimonio religioso. Si dica, inoltre, che il Diritto Canonico, non solo in Italia, ma anche in buona parte d’Europa, ha conosciuto una fase di declino e di impoverimento, quasi un’emarginazione nel periodo a cavallo tra l’Ottocento ed il secolo scorso. Lentamente, dalla seconda metà del Novecento a tutt’oggi, il Diritto della Chiesa vive una prolungata e rigogliosa primavera. Non si tratta di una moda, bensì di un’evoluzione politico-sociale che si innerva in maniera del tutto naturale nelle società civili. Le società civili, infatti, godono di un felice rapporto col Diritto della Chiesa grazie a due fattori: i Concordati ed il crescente fenomeno della globalizzazione. E di certo, avremo un crescendo, poiché –riprendendo la battuta del film- non è soltanto il Vangelo ed il Diritto a non cambiare, ma è anche la volontà dell’uomo, il quale, soprattutto nelle relazioni giuridiche, mostra il sano intendimento di progredire. Vedasi, ad esempio la cooperazione internazionale in cui la Sede Apostolica gioca un ruolo indiscusso di primo piano.

Matteo Cantori
Docente di “Storia dei Rapporti tra Stato e Chiesa” e di “Santa Sede e cooperazione internazionale” presso l’Università Niccolò Cusano