Psicologia dell’abitare: se ne parla poco, pochi sanno cos’è, il che non significa che non esiste! La psicologia dell’abitare è il paradigma multidisciplinare che spiega il rapporto tra l’abitazione e la parte più intima di noi stessi. Vi è mai capitato di andare a casa di un amico e rendervi conto che viveva in un luogo non in linea col suo modo di essere? O che, al contrario, era gremito di oggetti, poco curato, raccontava la sua compulsione all’accumulo?

La casa, specchio dell’identità personale

La casa è, per tutti noi, il luogo dell’anima, rappresenta la nostra identità, le persone che siamo. Donatella Caprioglio, psicologa e autrice del libro “Nel cuore delle case” ha raccontato il significato della psicologia dell’abitare. “La casa dice molto di noi. Le donne sono più attaccate alla casa, rappresenta quel guscio protettivo, ne hanno cura come fanno con i figli, la casa è un guscio protettivo, riparazione, sinonimo di accoglienza, metafora della nostra identità. Basta andare a casa di qualcuno per capire com’è questa persona – ha osservato la dottoressa Caprioglio, a Tutto in Famiglia, su Radio Cusano Campus –  lo studio della psicologia dell’abitare nasce dalla mia esperienza con la psicologia infantile, che è la mia specialità. Molte persone fuori luogo, non centrate, in cerca di una pace, avevano avuto un’accoglienza primaria non buona: figli venuti al mondo in un momento sbagliato o quando la madre aveva dei problemi. Quel primo sguardo di accoglienza era inquinata da delle difficoltà, patologie, lutti. Quando veniamo al mondo siamo molto intuitivi, il bambino quando viene al mondo avverte che c’è qualcosa che non va.”

Il corso di formazione, da ottobre

Psicologia dell’abitare: psicologi, architetti ed esperti di marketing, potranno specializzarsi, a partire da ottobre in alcune università italiana. “La casa ci descrive. E’ importante guardare le nostre case e osservare quale messaggio ci rimandano. Se certi punti ci inquietano significa che bisogna metterci le mani: tutti abbiamo delle fragilità – ha aggiunto Caprioglio – se non ce la facciamo potremmo farci aiutare da professionisti: architetti o psicologi dell’abitare. Ad ottobre partiremo con la formazione e metteremo insieme due categorie: chi si occupa della casa da un punto di vista tecnico, architettonico, e chi si occupa della persona, della dimensione emotiva.”

I luoghi della casa corrispondenti ai nostri bisogni primari: cucina, bagno, camera da letto

La cucina, il bagno e la camera da letto corrispondono ai nostri bisogni primari. “Quando si nasce i bambini col corpo si aggrappano alla mamma, con l’uso della bocca, a due anni viene passano all’attivazione della zona anale, verso i tre e i cinque anni cominciano ad interessarsi agli altri ed entra nella fase fallico-genitale, quindi è la fase del gioco del dottore e dell’esplorazione del mondo. La casa rappresenta queste tre fasi: la cucina è l’oralità, il bagno è l’analità e la camera da letto è la sessualità – si è congedata Donatella Caprioglio – sarà la casa a raccontare quale e quanto nutrimento abbiamo avuto. C’è chi mette la cucina dentro l’armadio, ad una persona formata sulla psicologia dell’abitare dovrebbe venire un campanellino e chiedere come mai non vuole la cucina? Questa persona il più delle volte non ha avuto una buona relazione primaria e quindi può privarsi di un luogo importante. Dal modo di abitare capiamo il rapporto coi bisogni più profondi dell’altro.”

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