Antonio Ingroia è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus.

Riguardo alla sua candidatura a sindaco di Campobello di Mazara nel Trapanese

“Campobello di Mazara è stato sciolto per 3 volte per condizionamento mafioso, è territorio del boss capomafia più ricercato d’Italia Matteo Messina Denaro, è una piccola cittadina che è simbolo del condizionamento della politica da parte della mafia, della corruzione, con sindaci che sono stati arrestati. Campobello è anche terra di rassegnazione, perché tanti cittadini pensano che non ci sia niente da fare per cambiare le cose. Ho accolto prima con perplessità l’appello che mi è stato rivolto e poi sempre con maggiore convinzione. E’ chiaro che il sindaco non ha il compito di cercare e catturare latitanti, però se porta avanti un riavvicinamento delle istituzioni ai cittadini e dà un esempio virtuoso di una politica non fondata su patti di scambio, dà un modello per creare un humus diverso, alternativo e concretamente anti mafioso. Le critiche? Semmai avrebbero dovuto dire: chi glielo fa fare a Ingroia. Come in tutte le cittadine della Sicilia, la popolazione è spaccata a metà. Una parte nutre speranza nei confronti della mia candidatura, una signora di un bar mi ha detto che tornerà a votare, ma c’è un’altra parte della popolazione vede con diffidenza e con preoccupazione l’arrivo di un ex pm che si è occupato anche di mafia, viene un po’ percepito come se arrivasse lo sceriffo. Il mio compito è spiegare che non vado a fare il pm, ma per un progetto politico”.

Sullo stato dell’arte della lotta alla mafia

“Non siamo all’anno zero, si sono fatti tanti passi avanti. Prima dell’epoca post stragi avevamo i latitanti che spadroneggiavano sul territorio, così non è più. Ma non è neanche giustificata la totale distrazione di tutti, a cominciare dalla politica, rispetto alla mafia. La mafia ha capito che bisogna rinunciare allo scontro aperto con lo Stato e si è infiltrata nell’economia cercando di essere invisibile, ma la mafia c’è. Bisognerebbe riaccendere i riflettori sulle mafie, che sono sempre forti, potenti, pericolose ed inquinanti”.

Sulla scarcerazione dei boss

“Fermo restando che i provvedimenti che hanno liberato i mafiosi sono stati emessi dalla magistratura, credo non ci sia dubbio che tutto sia partito da quella sciagurata circolare che il Dap emise in piena emergenza covid chiedendo di fare un elenco dei detenuti a rischio. Siccome gli ultrasettantenni che sono ancora in carcere sono i boss mafiosi più pericolosi, questo ha innescato quel meccanismo di scarcerazione di massa che ha determinato il ritorno sul territorio di vari capimafia”.