Bacigalupo, professione Portiere: era la saracinesca pararigori del Grande Torino

Nacque il 12 marzo del 1924 a Vado Ligure. Oggi sarebbe quasi centenario. L’ultima partita azzurra la giocò a Madrid neutralizzando un penalty con l’Italia che superò una grande Spagna per 3 a 1

 

Valerio Bacigalupo, di professione: la più difficile, tra i ruoli del Calcio a 11. Quella di portiere. E per farlo, c’è da crederci, occorre avere le spalle grosse e l’animo ancora più vasto, perché tanto, passa, tra i destini di un campionato vinto o sciupato, nei suoi pressi, anche se disponi di un gran bel reparto di mastini, davanti a te.

Quando si parla del Grande Torino, leggendaria squadra capace di far tornare ad amare l’Italia nel mondo, dopo il doloroso, secondo conflitto mondiale, il primo nome nella rimembranza di quella strepitosa compagine, è il suo: Bacigalupo, Ballarin, Maroso e via via tutti gli epici calciatori di quell’immenso collettivo che stupì la nostra nazione. Perché aveva finito con il vincere prima della guerra, e avrebbe ricominciato, per altri 4 anni, dopo. Terminando il suo straordinario cammino contro il basamento esterno della Basilica di Superga, al rientro aereo dal Portogallo. Dove il Torino si recò per una gara amichevole tributo a un grande atleta che finiva il suo percorso agonistico.

Valerio veniva da una famiglia di sette fratelli che avrebbero tutti, praticato Sport. La famiglia oltre ai maschi, presentava quattro sorelle. La sua famiglia era di Vado Ligure.

Come estremo difensore disponeva di grandi mezzi fisici e atletici, e oltre a farsi rispettare, sovente neutralizzava i calci di rigore avversari. Magari ad averne, di specialisti così, pensiamo ancora adesso.

Cominciò nel Vado, che oggi milita in Serie D. Giocò nella Cairese di Cairo Montenotte, nel Savona – stesso girone di Interregionale del Vado, Girone A – e andò al Genova. Con i rossoblù del capoluogo di regione giocò il Campionato Alta Italia 1944 arrivando la squadra genovese quinta nel raggruppamento Piemonte-Liguria. Quel Genova vinse la Coppa Città di Genova nel 1945. Subito dopo la guerra giocò di nuovo nel Vado.

Bacigalupo arrivò al Torino giovane, a 21 anni, siamo nel 1945: i granata sborsarono 160.000 lire, un cifrone, per un numero 1 e per l’epoca. Lo volle il massimo dirigente torinista, Ferruccio Novo, che lo aveva visto in una sfida tra rappresentative regionali di Liguria e Piemonte, finita 1-0. Il fratello Manlio, pure lui portiere di vocazione, convinse Valerio ad accettare.

Il suo esordio avvenne il 14 ottobre e la Juventus si aggiudicò il derby coi granata con un calcio di rigore segnato niente poco di meno che da Silvio Piola.

Nel frattempo Bacigalupo si stabilì in città a Torino facendo parte con Danilo Martelli e Mario Rigamonti del celebre Trio Nizza, chiamato così per la via in cui dividevano insieme l’appartamento messo a loro disposizione dalla società di Novo.

Nel 1946 Valerio si fece male in una vittoriosa trasferta sulla Roma (3-1) e qualche mese fu costretto a stare lontano dai campi. Ma questo non lo limitò nel rientrare e festeggiare il quarto scudetto per il Torino, il primo di quattro consecutivi, fino alla dolorosa e forzata sosta di successi durata fino ai tempi di Gigi Radice (1976).

Due appunti di rilievo nella sua esperienza. Il primo riguarda proprio il ’46: tre anni prima della sciagura di Superga ebbe un grave incidente stradale con un amico, che gli era seduto accanto e morì, nella fattispecie. Il giocatore del Torino si salvò.

La seconda nota riguarda il dicembre del 1947 quando esordì in Nazionale contro la Cecoslovacchia: gli azzurri vinsero 3-1.

Sempre con la casacca dell’Italia Bacigalupo si sarebbe tolto l’immensa soddisfazione di andare a vincere in casa della Spagna, a Madrid, per 3-1, il 27 marzo 1949. Appena un mese prima della morte trovata in quell’aereo che cancellò una stupenda realtà, umana, culturale, popolare e sportiva. Quella del futuro stadio Bernabeu sarebbe stata l’ultima gara in azzurro, e parò anche un calcio di rigore.

In mezzo gli scudetti del 1947, del 1948 e quello assegnato d’ufficio perché il Toro era 1° in classifica, a poche giornate dalla fine, del 1949.

Questo aitante portiere non si sottrasse al fato ingeneroso e inclemente. Ha ragione chi dice che, ogni tanto, i titolari del Partenone del Cielo si portano via i più bravi e i più belli. Capita, periodicamente. Quella volta una squadra intera, che aveva scritto pagine di storia e impartito lezioni persino alle scuole magiara, spagnola e sudamericana, addirittura ai maestri del Calcio d’Oltre Manica, venne cancellata. Ma anche consegnata alla leggenda, al mito.

Andateci a Superga. E’ una cosa che prende al cuore. E fa riflettere. Piangere. Commuovere. Pensare. Legare le diverse epoche di princìpi mai remoti.

Valerio Bacigalupo riposa al Campo Santo di Bossarino, Vado Ligure. A lui sono stati dedicati lo stadio di Savona e quello di Taormina. Ma è difficile non pensare a quella sorta di fraterna e paterna filastrocca che lo vede in cima, alla indimenticabile formazione del Grande Torino. Il prossimo 4 Maggio saranno 71 anni!

Come venne scritto in favore anche dei tanti bambini che piansero quella strepitosa squadra, da Indro Montanelli sul Corriere della Sera tre giorni dopo la sciagura di Superga: «Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto “in trasferta”» ”.