Pallacanestro

Italia Campione del Mondo di Pallacanestro con i ragazzi con la Sindrome di Down. Speciali!

Quei ragazzi così comuni, coi loro sorrisi, le paure da superare, i canestri da segnare.

Parla Coach Giuliano Bufacchi, LaSalliano autentico e DOC, che ha contribuito a costruire la vittoria sui campi dei padroni di casa lusitani, superati da un gran collettivo

 

Giuliano Bufacchi, uno dei responsabili della vittoriosa spedizione lusitana di Pallacanestro dei ragazzi con la Sindrome di Down è intervenuto a Radio Cusano Campus, nella rubrica quotidiana “Sport Academy”. La Nazionale italiana ha conquistato il titolo iridato contro il Portogallo padrone di casa.

Quale avventura è stata, al di là della vittoria?

“Le sensazioni, le emozioni, molto diverse, dalle precedenti, che erano più a sorpresa; questa era un doversi riconfermare. C’era la paura di sbagliare, per dimostrare di essere i più forti. Sensazioni diverse ma sempre bellissime: stare con loro significa stare con ragazzi fantastici, e stare con loro anche al di fuori del campo, aumenta di più la bellezza del nostro sport”.

Vincere già è difficile ma confermarsi?

“Quest’anno abbiamo cambiato metà squadra perché stiamo avendo sempre più ragazzi convocabili: ho voluto portare tre ragazzi nuovi, su sei, anche perché erano giovani e promettenti. Da un lato avevo tre “anziani”, già presenti in tutte le altre edizioni, che avevano un po’ la paura di confermarsi ma anche la consapevolezza di essere i forti e i campioni. Dall’altro lato avevano la componente emotiva di questa nuova esperienza, per quanto forti tecnicamente. Un miscuglio di forza e di novità”.

Nominiamoli: Emanuele Venuti, Andrea Rebichini, Alessandro Greco che fanno parte dell’Antrhopos Civitanova Marche; Alessandro Ciceri che viene dalla Briantea 84 Cantù, Davide Paulis e Antonello Spiga sono dell’Atletico AIPD Oristano. Se non ricordo male Emanuele Venuti è uscito da La Salle di Roma, come serbatoio, vivaio?

“Sì, è cresciuto cestisticamente a La Salle ed è tesserato con l’Antrhopos Civitanova Marche in quanto a La Salle non avevamo una squadra intera ma è lasalliano doc”.

Qualche sabato fa avevamo visto gli allenamenti con Stefano Sbarra, che ci mette grinta, nella gestione di ragazzi che hanno bisogno di lavorare in un recinto serioe sicuro, di misurarsi coi progressi fatti, allenamento dopo allenamento. Devo dire di essere rimasto ammirato, incoraggiato a seguirne le emozioni perché era come vedere un gruppo grintoso, serio, fiero e tenace e capace di sorridere di fronte a qualche errore in fase di tiro o di passaggio…”.

“Sì, Stefano lo conosciamo tutti come giocatore, come persona, come allenatore. Il presidente dell’Istituto La Salle, Chiara (Lai) e tutto il gruppo di istruttori La Salle ha creduto in questa avventura. E’ giusto che venga loro trasmessa la passione della Pallacanestro, che vuole dire stare in campo, la grinta, imparare a giocare, esprimere la tecnica, sudare, sul campo per avere delle belle soddisfazioni”.

Se uno si gira verso l’Italia siete al secondo Mondiale conquistato e un Europeo, in mezzo. C’è della sostanza, in questi tre allori per cui anche le istituzioni sportive devono ricevere un segnale. Di quante cose belle è fatto, questo segnale?

“E’ il mio credo: io alleno loro come se allenassi una squadra di normodotati. Quindi preparo le partite in base all’avversario, lavoro tecnicamente sui fondamentali, sul palleggio, il passaggio, il tiro, la difesa; io lavoro moltissimo, sulla difesa, che è la cosa più difficile da insegnare, sia ai normodotati che a loro. Lavoro sulla velocità, sul contropiede, sugli schemi d’attacco, su quelli difensivi. Noi abbiamo un approccio completamente sportivo, e questo sta facendo la differenza; e aiuta anche loro a sentirsi giocatori. Non stiamo lì a perdere tempo. Si sentono i principali attori di queste competizioni, e i genitori apprezzano anche questo. Sono sempre più autonomi, a fare le cose da soli, e lo sport aiuta a crescere”.

Il Presidente della Repubblica ha pronunciato un gran bel discorso, per parlare dei Disabili, nella Giornata Mondiale a loro dedicata. Parla di un giacimento di energia e contributi. Per fortuna c’è lo Sport, che li educa a tante altre cose.

“Un discorso benissimo applicabile allo Sport. Lavoriamo sul territorio, per dare un’offerta, che spesso manca, a questi ragazzi, che devono accedere a un impianto sportivo, come fa la FISDIR, che organizza Sport solo per loro. Se manca l’offerta, il dietro che li organizza, fa fare loro competizioni, queste esperienze, le partite, restano solo parole. Nel mondo del lavoro come nello Sport, queste sono risorse. Lo dico con un po’ di vanto: due Mondiali e in mezzo un Europeo, ma chi li ha vinti?”.

Poveri portoghesi, due volte battute da noi. Come è stato il percorso? Ve la siete mai vista brutta?

“Vista brutta no. Sono partito con un punto interrogativo connesso ai nuovi innesti. Che hanno reagito bene. Con la Turchia qualche difficoltà per la loro velocità, anche se la partita non è mai stata in discussione. Il Portogallo lo conoscevo benissimo, è una squadra lenta seppur molto tecnica; e ho lavorato sui miei e sulle loro debolezze; li aggredivano subito, in certe parti del campo, e noi andavamo in contropiede sempre da soli, mentre in contropiede la Turchia ci riprendeva sempre”.

Il bacino è molto grande, ora, segno che sul piano dell’offerta stanno nascendo sempre più opportunità.

“Per il riscontro mediatico che c’è stato, stanno uscendo fuori realtà che erano chiuse in sé stesse, che non sapevano di poter partecipare a campionati nazionali e internazionali. Sto facendo da raccordo tra ragazzi e singole società, cercando di raggruppare quelli interessati: il territorio sta nascendo a prescindere da quello che è il discorso della Nazionale. Quello è un sogno, ma da qualche parti, per arrivarci, devi partire. C’è molto da lavorare, e ci lavorerò”.

Quale pozzanghera va evitata, adesso, dopo un Campionato d’Europa e due Mondiali vinti, per questi ragazzi e per l’organizzazione delle cose?

“Il prossimo obiettivo sono le Olimpiadi di aprile in Turchia: quello è un altro obiettivo importantissimo perché un altro oro lì chiuderebbe il quadriennio olimpico con il massimo dei risultati. Vogliamo essere un punto di riferimento per tutto il mondo della Pallacanestro: e questo ci dà stimoli per andare avanti. Tra l’altro adesso è 3 contro 3, dopo il quadriennio olimpico si passerà al 4 contro 4 quindi si mescoleranno un po’ le carte. E ci dobbiamo far trovare pronti per lo Sport con la Sindrome di Down”.

Il Basket è sempre stata, una cosa seria, per persone serie. Non sarà mai, una disciplina che si possa costruire sulla casualità. Ma su tanti fattori. Che devono viaggiare insieme. Come una squadra. Vincente.