Neurocriminologia minorile. Un terreno inesplorato ma potenzialmente fertile per la ricerca. Un contributo importante quello che le neuroscienze dello sviluppo potrebbero dare alle iniziative radicate nella giustizia riparativa.

Le ricerche condotte sul cervello evidenziano quanto sia critica la fase adolescenziale come periodo dello sviluppo. Se un adolescente commette un reato, la reclusione risulterà probabilmente nociva su più livelli in questa fascia d’età.

Nel nuovo Manuale Criminologia Minorile per le Scienze psicopedagogiche edito dalla casa editrice della Unicusano, si legge:

“Le neuroscienze devono fare i conti con un motivo di attrito che rende difficile il loro rapporto con la giustizia minorile, ossia la ricerca di una giustificazione valida per stabilire a 18 anni di età la soglia dell’imputabilità totale e oggettiva. Poiché non è verosimile presupporre che una qualunque data possa costituire un punto di svolta maturativo, giudici e teorici della giustizia penale hanno storicamente fatto affidamento su questioni pratiche per giustificare tale demarcazione.”

Questo sta a significare che la maturazione strutturale del cervello non è completa a 18 anni (arriva verso i 25 anni!), mentre inizia il suo declino verso i 45 anni.

Neurocriminologia minorile e giustizia

La neurocriminologia si interfaccia con il sistema giudiziario su tre livelli:
– la punizione
– la previsione
– la prevenzione

In particolar modo, la punizione è affermata in base alla riprovevolezza di un’azione, cioè si fonda sul concetto di responsabilità. Ma fino a che punto siamo responsabili del nostro comportamento?

“Supponiamo che, in qualche misura, anomalie o danni neurobiologici relativamente precoci predispongano alcuni individui ad una vita di crimine e violenza. Supponiamo, poi, che i trasgressori non siano responsabili della loro esposizione a questi precoci fattori di rischio per la violenza. Un individuo è ritenuto “responsabile” delle sue azioni se si verificano due circostanze: in primo luogo, deve possedere una sufficiente capacità razionale; in secondo luogo, non deve agire sotto coercizione.” tratto da Criminologia Minorile per le Scienze psicopedagogiche, Edicusano, 2019.

E ancora, si legge:

“La capacità razionale è tipicamente interpretata come la comprensione che l’individuo ha di ciò che sta facendo e delle possibili conseguenze delle sue azioni. Anche se l’intelligenza cognitiva è il punto di riferimento usato dalla legge per documentare la capacità razionale, le neuroscienze affettive stanno iniziando a dimostrare che l’emozione informa il processo decisionale.”

Questo studio apre la futuristica possibilità che le neuroscienze influenzeranno sempre più le risposte della giustizia penale nei confronti dei giovani criminali. Ulteriori approfondimenti possono essere consultati nel volume della Edicusano.

Criminologia Minorile per le Scienze psicopedagogiche

L’opera Criminologia Minorile per le Scienze psicopedagogiche, a cura di Diana Olivieri, vuole analizzare nel dettaglio le fondamentali questioni psicopedagogiche legate alle caratteristiche e al comportamento del minore deviante e trasgressore, che hanno determinato la filosofia stessa su cui si fonda l’attuale sistema della giustizia penale minorile, con particolare riferimento all’imputabilità, all’immaturità e alla responsabilità del minore.

Un approccio multidisciplinare ed interdisciplinare, dunque, per scandagliate le principali teorie della devianza, del trauma e dell’apprendimento dello stile criminale minorile. Inoltre, gli strumenti psicopedagogici, secondo l’autrice, rappresentano uno dei più validi ausili a disposizione della società attuale affinché si possa sviluppare una capacità critica e un agire concreto che promuova stili di vita alternativi ma funzionali.

Per maggiori info, visita il sito edicusano.it e acquista l’opera in versione epub e/o .mobi 

***Articolo a cura di Michela Crisci***