Marco Griffini, Presidenti di Aibi (Associazione Amici dei Bambini) è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano: “Adozioni in calo in Italia? C’è sfiducia nell’adozione internazionale, anche perché il governo non investe e lascia sole le associazioni. Bisognerebbe stabilire delle regole su come si conducono le raccolte fondi, dovrebbe essere vietata la pubblicità perché la solidarietà non è un prodotto. La migrazione dovrebbe essere una scelta, non una necessità, le adozioni internazionali servono anche a questo. Basta con la pornografia del dolore fatta dalle multinazionali della solidarietà, utilizzando immagini di bambini moribondi e denutriti per portare a casa soldi”.

Sulle adozioni in calo in Italia

 “C’è sfiducia nell’adozione internazionale. E’ stata bistrattata per molti anni dai governi, anche il governo attuale non sta facendo gran che. Senza una spinta propulsiva a livello politico, se il governo non investe e non tiene rapporti con i Paesi esteri, è chiaro che lasciare noi povere associazioni sole solette fa sì che le famiglie che adottano siano molto poche. La migrazione dovrebbe essere una scelta, un diritto, non una necessità. Le adozioni internazionali servono anche a questo. Ci sono poi campagne fatte da multinazionali della solidarietà con delle modalità non consone a quelle delle associazioni italiane. Noi quando siamo nati venivamo coccolati dai media, non ho mai speso un euro in 35 anni di attività per comprare una campagna pubblicitaria”.

L’investimento pubblicitario

Quando sono arrivate queste multinazionali hanno iniziato a investire tanti soldi in pubblicità sui media. Le realtà italiane, non potendo e non volendo investire i soldi dei donatori in pubblicità, vengono penalizzate da ciò. Ci sono campagne in cui si tenta di far passare il sostegno a distanza come una lotta per arrivare alle adozioni delle omosessuali, mi chiedo cosa c’entrino le due cose. Stiamo cercando di ragionare se non sia necessario impostare un codice etico della raccolta fondi. La solidarietà non è un prodotto, non è un detersivo, altrimenti succede che chi investe più in pubblicità raccoglie più fondi, ma bisogna vedere come vengono spesi poi quei fondi. Bisognerebbe andare a vedere gli stipendi dei dirigenti di quelle multinazionali. Questa pornografia del dolore, utilizzando immagini di bambini moribondi e denutriti per portare a casa soldi, dovrebbe essere vietata”.