Nicola Pondrano co-fondatore dell’Associazione AFeVA, associazione famigliari e vittime dell’amianto è intervenuto ai nostri microfoni per parlare del problema della gestione dell’amianto in Italia.

Associazione famigliari e vittime dell’amianto

“Ci sono dati che incredibilmente sono andati in crescendo: circa 2.000 persone muoiono puntualmente a causa dell’amianto. L’AFeVa nasce alla fine degli anni ottanta perché già all’epoca si contavano moltissime vittime sia professionali che civili. L’uso improprio di residui di lavorazione, le polveri che rimanevano nelle tute dei lavoratori che poi si portavano in casa e molti altri fattori causarono molte morti: nel 1988 diventa AFeVa quindi un’associazione che vuole dare tutela a tutte le persone, assume una propria identità ed ha come impegno sociale quello di occuparsi fondamentalmente di tre cose: dare giustizia a queste che sono diventate nel frattempo centinaia e che poi diventeranno migliaia di persone vittime, di dare tutela perché c’è un problema di riconoscimento anche di queste esposizioni a  livello professionale e allo stesso tempo diventare un soggetto sociale che si occuperà negli anni di ricerche sanitarie ma anche di tutta una serie di problematiche che vanno dalla nascita di un fondo per le vittime dell’amianto a quelle che sono le rivendicazioni sociali che noi abbiamo portato avanti per sette anni.”

Emergenza sanitaria

“Dal punto di vista storico c’è una cattiva abitudine di fornire esclusivamente dei dati relativi agli infortuni sul lavoro quando si parla di amianto. In questo Paese bisogna cominciare a dire che non sono soltanto mille le persone che muoiono ma sono circa cinquemila e così si capirebbe che sul tema amianto ci si potrebbe tranquillamente riferire a una vera e propria emergenza sanitaria. In Italia, prendendo come esempio il caso del Casalese che è il dato più allarmante nel nostro Paese: su cinquanta diagnosi, almeno una trentina sono morti non più di natura professionale poiché Eternit ha chiuso negli anni cinquanta. Occorre che le istituzioni prestino maggiore attenzione a questa problematica.”