Sport e disabilità: alla scoperta del progetto di Ricerca di HERACLE Lab dell’Università Cusano, per capire l’influenza dell’attività sportiva nella disabilità cognitiva e psichica.

Il cervello, più di qualunque altro organo, è fatto per modificarsi in risposta all’esperienza. Le aree del cervello più plastiche sono quelle legate all’autoconsapevolezza, alla regolazione emozionale, all’empatia e alla motivazione. L’obiettivo della Ricerca, condotta dal laboratorio HERACLE dell’Unicusano, è quello di dimostrare la possibile correlazione fra le caratteristiche descritte, l’esperienza sportiva non agonistica (ma ad alto impatto emotivo) e le capacità attentive e di apprendimento dei soggetti coinvolti.

“Vogliamo analizzare l’impatto della partecipazione alle attività sportive nella quotidianità e capire come cambia la qualità della vita dei soggetti con disabilità cognitiva e psichica.” –  ha dichiarato il prof. Francesco Peluso, Referente Scientifico.

Quale sport indagare?

Per la realizzazione della Ricerca, dopo un’attenta valutazione di più attività sportive, è stato scelto il diving. Uno sport individuale e personalizzato, rivolto a persone con disabilità, per sviluppare le competenze e le abilità dell’aspirante subacqueo, incrementare le capacità attentive, rafforzare la sua identità e autostima. Il progetto coinvolge l’associazione sportiva DDI (Disabled Diving International); che non limita il proprio impegno alla didattica e alla tecnica di immersione, ma si prefigge di sviluppare inclusione sociale anche attraverso iniziative come vacanze, meeting, workshop.

Per saperne di più, abbiamo intervistato la prof.ssa Stefania Morsanuto.

Sport e Disabilità: intervista alla prof.ssa Stefania Morsanuto

Salve Prof.ssa, ci racconta il progetto di Ricerca dell’Unicusano in tema “Sport e Disabilità”?

La Ricerca è iniziata circa due anni fa quando ho cominciato a studiare un campione consistente (100 soggetti) con disabilità cognitiva, eterogeneo per età, genere e diagnosi, in relazione con diverse tipologie di sport. In sintesi i risultati sono stati positivi nello specifico è emerso che:

  • I miglioramenti nel lungo periodo, relativi alle capacità motorie, mentali e relazionali, sono strettamente correlati positivamente fra loro;
  • Nell’area relazionale si notano forti correlazioni positive con le funzioni mentali;

In pratica:

  • Nel lungo periodo le capacità motorie sono migliorate nel 94% del campione;
  • L’88% del campione ha un miglioramento dell’umore dopo aver svolto l’attività;
  • L’83% del campione nel lungo periodo presenta dei miglioramenti rispetto alla normalità sia nelle capacità mentali, sia nelle funzioni relazionali;
  • Il 75% del campione trae beneficio dall’attività e quest’ultimo si protrae più a lungo nel tempo;
  • Il 76% del campione ha un miglioramento della capacità di concentrazione.

Fra tutti gli sport esaminati ad inizio progetto, uno ha prodotto risultati particolarmente positivi: il tennis. Questa attività è risultata fra tutte la più strutturata come offerta formativa: istruttori preparati in lavoro sinergico con gli educatori, impostazione del metodo educativo, ambiente gradevole. A questo punto ho deciso di trovare uno sport che fosse particolarmente strutturato e che offrisse ai partecipanti un impatto emotivo positivo. Per studiare se ci fosse una correlazione fra emozioni (positive) ed apprendimento.

Perché è stato scelto il diving come sport?

La subacquea era adatta proprio per quanto detto prima, inoltre il progetto DDI era ottimale alla ricerca:

  • La didattica è progettata ad hoc per gli utenti;
  • Il rapporto numerico alto (1 o 2 educatori per utente);
  • Ricco di offerte esperienziali (ad esempio il battesimo del mare, o le vacanze con immersioni…).

L’attività subacquea, inoltre, è un progetto di forte impatto mediatico, perché la parte sportiva è finanziata dalla Fondazione Decathlon che non fa pagare l’attività sportiva ai ragazzi e fornisce delle attrezzature.

Come si sviluppa la partnership tra l’associazione DDI (Disabled Diving International) e Unicusano?

Abbiamo firmato una convenzione fra l’Università, nello specifico con il Laboratorio H.E.R.A.C.L.E, e DDI.
DDI ci permette di accedere ai loro programmi didattici, di conoscere le famiglie dei ragazzi e di interagire con loro e di osservarli nelle attività. Io come ricercatrice e docente dell’Unicusano organizzo loro degli incontri di formazione sulla disabilità e sulle metodologie educative utili.

Dove si svolge il Progetto di Ricerca e chi coinvolge?

Attualmente stiamo lavorando con una ventina di ragazzi che spaziano dai 12 anni ai 35. DDI agisce sul territorio nazionale, ma attualmente la ricerca interessa 3 centri natatori della provincia di Monza e Brianza. Ovviamente l’intento è di ampliare l’analisi anche su Roma.

Risultati raggiunti grazie al diving?

Dai confronti emersi con gli istruttori i primi cambiamenti riguardano tutti quegli aspetti legati all’autonomia personale (ad esempio gestirsi la borsa, la doccia e l’attrezzatura sportiva). Anche la gestione dell’ansia e di eventi stressanti ha subito notevoli miglioramenti a favore di atteggiamenti resilienti. Stiamo comunque elaborando i dati specifici rilevati e per alcuni ragazzi non abbiamo ancora concluso.

 

***SCOPRI LA PLAY THERAPY, PROGETTO DI RICERCA DI HERACLE LAB***

 

***Articolo a cura di Michela Crisci***