Zecchi e la deriva dell’Istruzione: “In Italia docenza depressa e umiliata, dall’asilo all’università”.

In Italia abbiamo il più basso numero di laureati d’ Europa e da qui dovremmo partire per tentare ridurre il gap, dovremmo inseguire gli studenti ed incoraggiarli a prendersi un titolo di studio, invece cosa facciamo? Mettiamo sbarramenti. Iniziamo dal più ingombrante: il numero chiuso nei corsi di laurea.

 

In un sistema accademico pesantemente definanziato, i maggiori atenei italiani faticano ad applicare un turn over regolare e anche a fronte di numeri in crescita, in fatto di immatricolazioni, il problema diventa un altro: non ci sono i soldi per assumere nuovi docenti. Ed ecco il ricorso al numero chiuso, che diviene in un sol colpo ostacolo e soluzione.

 

Abbiamo chiesto una riflessione sulla situazione attuale al Prof. Stefano Zecchi, saggista, giornalista ed ex Ordinario di Estetica alla Statale di Milano. Prof. Zecchi, il sistema sta navigando verso una deriva pericolosa?

 

“Si, è una deriva pericolosa e stupida. È pericolosa perché naturalmente confligge con la nostra costituzione, che chiede a tutti di accedere agli studi; stupida perché è inutile parlare tanto di disoccupazione giovanile quando non gli si dà la vera possibilità di studiare e apprendere, quindi di entrare a vele spiegate nel mondo del lavoro. I test sono stati una delle cose più assurde che si possa pensare, io capisco una doverosa programmazione ma non attraverso i test, attraverso una selezione compiuta dalle università stesse, perché noi viviamo in un paradosso indecente di non avere laureati e mettere un muro all’ingresso per l’università. Ultima considerazione: in un paese come l’Italia, con la sua storia, non si può pensare di umiliare e deprimere la docenza a tutti i livelli, dagli asili con maestre impreparate che picchiano i bambini alle università. Dovrebbe essere la vera emergenza in tutti i punti”.

Si ha la preoccupante sensazione e gliene chiedo conferma, che al giorno d’oggi l’istruzione, la formazione, la competenza, sia in qualche modo tempo perso, perché alla fine basta essere onesti e incazzati per ricoprire qualsiasi ruolo. Io magari sbaglio prof ma voglio abbinare a questa percezione un dato: dopo anni di sensibile ma costante decrescita, la percentuale di ragazzi che abbandonano la scuola prima di concluderla riprende a salire. C’è una correlazione o è un puro caso?

 

“Io temo che sia un trend, che va assolutamente arrestato, e vi sono delle motivazioni anche abbastanza evidenti, non è un destino cinico e baro, la mancanza della scolarità. Il primo aspetto riguarda gli insegnanti che non hanno più la loro rispettabilità, non gli vengono assegnati i giusti stipendi, vengono considerati una delle figure residuali della nostra società, ma chi pensa questo è ancora più negativo nei confronti della società, solitamente è un adulto che lo insegna ai suoi figli cioè una catena di disgregazione sociale. Dopodiché arriva tutto il mondo politico, la realtà politica che noi viviamo è una realtà democratica, cioè eletta da noi, c’è poco da disperarsi visto che siamo noi ad eleggerli. La nostra società rispecchia i valori della scuola e in parlamento si portano delle figure che non hanno nessuna considerazione per la scuola e il risultato è quello che lei ha appena accennato ovvero di una bassa scolarizzazione e di una cultura solo mediatica”.