Giornalista, terrorista. Queste due parole vengono associate negli slogan urlati allo stadio o scritte sui social, da chi ritiene che questa professione abbia la sola finalità di agire, per conto di chi vuole colpire attraverso la stampa, determinate categorie di persone. Antonio Megalizzi è stato ucciso da un terrorista. Questo collega raccontava l’Europa, credendoci, esaltandone i tratti politici, lo faceva con un microfono in mano, con la sua voce, attraverso il mezzo d’informazione più bello che ci sia, la radio. Una radio universitaria, proprio come quella che mi onoro di dirigere. Una radio dentro un’università, ha una caratteristica unica e fondamentale: informa e contemporaneamente fa divulgazione culturale. Spesso questi due elementi si fondono. L’informazione si arricchisce di cultura e la cultura si trasforma in informazione per capire e interpretare la realtà. Antonio aveva cominciato il suo percorso, aveva scelto  un tema ora molto impopolare: l’Europa.

Ho visto e sentito poco del suo lavoro. Ma ho capito che da bravo giornalista, aveva compreso che per raccontare un’Europa cosi detestata dai cittadini, doveva avvicinarsi il più possibile. Doveva vedere da vicino, per poter potare ai suoi ascoltatori le storie e le testimonianze più vere, anche per vincere i pregiudizi. Antonio aveva capito che la politica è importante, non va rifiutata pregiudizialmente. Non lo conoscevo, ma credo di aver colto nei suoi occhi, non solo la gioia di informare, di fare domande, ma anche quella sensibilità umana, fatta di emozioni vere, che è sempre necessario portare dentro questo mestiere così importante. Antonio camminava nelle vie di Strasburgo, per vedere e raccontare. Se avesse potuto, se avesse avuto solo un minuto, avrebbe chiesto a quel giovane terrorista di raccontare la sua storia,  cosa lo spingeva a diventare un criminale che uccide a caso persone innocenti. Ma la vivacità del suo sguardo ha incontrato due occhi bruciati dall’odio. Anche del terrorismo si è capito ancora molto poco. Abbiamo i nomi delle organizzazioni, ne conosciamo la ferocia, si invocano guerre sante,ma da dove nasca veramente l’odio da cui scaturisce la furia omicida, nessuno riesce ancora bene a spiegarlo. Per questo Antonio Megalizzi ci mancherà molto. Perché se ora ne avesse la possibilità, sarebbe in giro, tra le vie di Strasburgo, a fare domande, ad ascoltare risposte, per poi trovare la via del racconto giornalistico. Antonio Megalizzi, ucciso dal terrorismo, che ancora non abbiamo compreso fino in fondo e proprio per questo continua a uccidere.