I tanti, troppi dubbi dell’Auxilium Torino e il Caso Raffa-Masciadri

con una delle penne nobili, del mondo della Pallacanestro

 

Una delle firme più incisive ed efficaci e sicuramente collega profondo conoscitore del mondo del Basket, Paolo Viberti.

“Come state, tutto a posto?”, esordisce il collega giornalista torinese con il sorriso, come sempre.

“Benone! Quando si parla di Basket, ieri con Marzorati ed oggi con te, vado a lezione di storia”.

“Un crollo verticale, proprio!”, apre, scherzando, uno dei più apprezzati cantori delle rotazioni, delle parabole, della palla “orange & black”.

Parliamo di Torino, che ci ha incuriosito tutti, con la scelta di Larry Brown, poi ricacciata indietro. Quali pensieri hai annotato, sul tuo taccuino?

“Credo sia arrivato un po’ in ritardo: a 78 anni, quando non si sta troppo bene di salute, e non dico altro per il rispetto della privacy, penso non si debba intraprendere un’esperienza rivoluzionaria. La leggenda che ha vinto la NCAA e la NBA ha esercitato questa unicità prevalentemente negli Stati Uniti. Non ha mai scoperto il nuovo mondo, che per noi è l’America, ma per gli americani è l’Europa, dove si gioca in maniera completamente diversa. Qui si è imbattuto, in una società totalmente in preda all’ansia”.

L’analisi è profonda, di quelle fatte con dovizia di particolari. Paolo Viberti dice, con invidiabile capacità di lettura: “L’ansia è una brutta bestia, si trova quando non si riesce a comprendere, dal latino comprendum, cioè a riportare sotto l’etica della propria mente. A Torino si sono fatti prendere dagli spasmi intellettuali e tu pensa che nelle ultime 4 stagioni sono stati cambiati 6 allenatori, e sono stati messi 60 giocatori sotto contratto!”.

La lista basterebbe a menzionarne due, ma… “Allenatori di valore, poi ognuno li giudicherà come meglio crede, e te li cito. Pillastrini, Banchi, Banchi, Vitucci, Recalcati, Galbiati, e Brown. Capisci che c’è qualche cosa che non funziona, perché se nessuno va bene e 60 giocatori non ti soddisfano, c’è qualche problema a monte, nella gestione. Sono stato quasi feroce, su un sito torinese, “basketsutorino” dicendo “E’ ora di cambiare The Legend e finire la stagione con Galbiati, e tenere in squadra chi ha dimostrato a vedere di tenerci alla maglia”. Poeta, Cusin, Portanese. Cotton, l’unico americano che difende, di tutti quelli arrivati a Torino. O Jaiteh, che è uno che quando va in campo dà sentore di crederci, anche solo perché magari vuole un contratto per tutta la stagione e non bimensile”.

Mala tempora current. Paolo Viberti fa una valutazione a 360°. “Nel Basket di oggi dove vincono i procuratori e dove bisogna mettere nei banchi del mercato i giocatori, affinché abbiano un mercato stesso, il cuore è una proprietà rara. Con Marzorati avrete parlato di un altro, Basket, un’altra dimensione: era un vivaio dei più clamorosi degli ultimi 50 anni di basket italiano, quello canturino. Veniva chiamato Kantucki, per fare il verso a Kentucky”.

E a Torino? “Io dicevo a Forni “Caro Antonio, io che ho fatto il tifo per questa società quando aveva altri nomi, perché devo fare il tifo per l’attuale Auxilium Fiat?”. Cambia tutti gli anni, non ha un’identità, sono squadre intercambiabili. Non dimentichiamoci cosa è successo a Meo Sacchetti, con il triplete clamoroso con Sassari. Stagione successiva, sei mesi ed è stato giubilato, perché non arrivavano i risultati. Lui ha risposto al suo presidente dicendo “Della squadra del triplete, abbiamo solo i nomi, sulle maglie, ne abbiamo cambiati 9 su 12”.

Non fa una grinza questo discorso.

“Infatti dovunque va Meo, fa giocare le sue squadre sempre bene”.

Con un certa intensità e serietà.

“Capisci che se i presidenti sono in ansia di risultati a tutti i costi e non esistono manager, come Celata, come De Stefano, Corbelli, Porelli, Cappellari. A Roma avevate Giuliano Mecozzi…”.

Isio e Rino Saba!

“Bravissimo! I giocatori, poi, sono di straordinaria superiorità numerica, ne puoi tesserare 6/7. Vengono a Torino, se non va bene tra tre mesi sono a Tel Aviv, tra quattro mesi in Turchia”.

In Grecia, al limite…

“Esatto. Venditori di carne umana, è questo il Basket. Tu che sei presidente che puoi fare? Qui deve venire non chi ha il palmares, ma – scusatemi – le palle!”.

Chi tene ‘a cazzimm’, come dicono a Napoli.

“Chi ha fame – sottolinea Paolo Viberti -: nel momento in cui scelgo un allenatore gli do’ cieca fiducia, affinché non arrivino ragazzi che non hanno cuore, spirito di sacrificio e non vogliono legarsi ad una situazione . L’allenatore non può avere dall’altra parte della scrivania un altro ipotetico nemico, perché sennò gli allenatori non hanno più senso di esistere. Non è possibile che allenatori che abbiano un passato glorioso, siano ridicolizzati”.

Hai nominato Recalcati e Brown. Già questi basterebbero.

“Charly (Recalcati, n.d.r.) l’ho sentito ieri. Se tu pensi che abbia fatto il suo tempo, è un’altra questione: non lo chiami e amici come prima. Se lo chiami lo difendi fino all’ultima stilla di sudore”.

Di quella società ricordo volentieri Dido Guerrieri, a proposito della Berloni Torino.

“Già. A un allenatore, se hai qualcosa da dirgli, glielo dici nel ristretto ambito dell’ufficio di presidenza, al cospetto di nessuno. Non puoi entrare nello spogliatoio, come fanno questi qua, regolarmente”.

O come succede nel Calcio, fino alla serie C e D”.

“Torino ha finito di esistere quando ha rinunciato a Luca Banti, il miglior allenatore italiano attualmente, per la mia modesta opinione. Ha solo un difetto: è un po’ ruvido. Io gli dico “Ciao ruvido, come stai?”, e ci facciamo un sacco di risate. Quando lui se ne andò perché uno dei due vicepresidenti entrò negli spogliatoi, dopo una partita vinta, contro Varese – sottolinea Paolo Viberti –  Torino era quarta in classifica! Se ne andò ed è iniziato un crollo verticale: da allora solo 5 vittorie e 24 sconfitte!”.

Tra le piazze che volevano tornare agli antichi albori, Trento e Venezia hanno fatto bene, ma li c’è tutt’altra impostazione.

“Un padre padrone a Venezia, che è il sindaco ed è una società piuttosto ricca”. Poi la valutazione è impietosa, sulla squadra piemontese: “A Torino sono finiti i soldi e infatti si sta trattando la cessione della società ad una cordata. Trento ha fatto delle buone scelte sul mercato, con giocatori che avevano voglia di giocare. Ha perso due bronzi di Riace, tra l’anno scorso e quest’anno e non è facilissimo ma sono dell’idea che si salvi facile. La squadra che rischia di più è Pistoia, perché concede più delle altre”.

Già in difesa è ballerina. Che idea ti sei fatto, parlando di Basket femminile, della questione che è arrivata sui social, del mancato ingresso in campo in Italia-Svezia della Masciadri, che era alla sua ultima gara in azzurro?

“Mi è dispiaciuto molto, conosco Marco Crespi da tantissimo tempo, dai tempi dell’Olimpia ed andavamo insieme in giro per l’Europa a conquistare allori. Secondo me si è proprio dimenticato, nella trance agonistica e se ha fatto un errore è perché non l’ha detto apertamente. Si è scusato ma non si fa!”.

Ha commesso due falli attaccati, il terzo e il quarto…

“Quella fanciulla (la Masciadri) si è fatta davvero il sangue cattivo. E’ come se tu facessi una serata in onore di …….. e non inviti colei a cui è dedicata la serata stessa”.

Un saluto a Paolo Viberti e speriamo di sentirci presto o di invitarti qui, alla UniCusano…

“Divertiamoci insieme, facendo canestro, Se qualche volta evitiamo qualche pick and roll e qualche tiro da 3, come si giocava una volta, non mi dispiacerebbe. Saremo datati e da buttare via, ma Victor Hugo diceva che “Il futuro è la forza ma il passato è la chiave”..!”.

Lo pensavamo alla vigilia. Piacevolmente l’intervento del collega torinese lo ha confermato. Una dotta disamina. Chapeau.

(Il testo è stato raccolto da Giulio Dionisi, dalla

puntata di mercoledì 28 di “Sport Academy”;

Fonte foto: dal sito del Museo del Basket di Milano

https://www.museodelbasket-milano.it/)