Saronni quella stupenda fucilata di Goodwood raccontata da Giorgio Martino, storica voce RAI

Il popolare telecronista RAI ha raccontato l’impresa del brianzolo nei boschi inglesi del Sussex: ma anche gli splendidi rapporti con Adriano De Zan e il CT Martini

 

Il 5 Settembre non è mai una data qualsiasi nel ciclismo. A Goodwood, in Inghilterra Saronni diventa Campione del Mondo di Ciclismo su Strada. Ne parliamo con Giorgio Martino, che, con Adriano De Zan, ha raccontato tantissime manifestazioni internazionali tramite i microfoni e le telecamere della RAI. L’ex direttore di Roma Channel, apprezatissimo collega, è intervenuto nella trasmissione “Sport Academy”, in onda ogni giorno dalle 18 alle 20 su Radio Cusano Campus.

Che ricordo ha di quella domenica britannica?

“Dobbiamo contestualizzare il momento. Era il 1982 ed in Spagna i calciatori azzurri avevano vinto il Mondiale. Il “Mundial” divenne una parola usata per glorificare gli Azzurri in tutti gli sport e la “fucilata di Goodwood” fece parte di queste imprese”.

C’era molta concorrenza, Sean Kelly, Greg Lemond, quando il ciclismo statunitense era pulito, Zoetemelk, Lejarreta, tra gli altri, e quindi fu davvero difficile, per Saronni, fare questa impresa.

“Sì – dice Giorgio Martino -, credo che gli altri non si aspettassero in quel momento, in quella porzione di gara, quanto poi è accaduto. Saronni, ad un chilometro dal traguardo, era molto indietro ed il circuito non era difficilissimo. Teoricamente il gruppetto davanti avrebbe avuto vita facile. L’arrivo sarebbe stato in volata ma proprio la parte finale presentava una difficoltà: una salita di una certa consistenza. Non un muro, per carità, come potevano essere le Parigi-Roubaix, le Freccia-Vallone, ma una piccola asperità”.

Peraltro corse che hanno reso celebri Argentin…

“E Moser, per la Parigi-Roubaix. Il gruppo si è allungato e Marino Lejarreta, uno scalatore, fu il primo ad approfittarne, restando davanti anche con Lemond, Kelly ed altri. Saronni, guidato da Moser, cominciò a recuperare da dietro e gli altri non se ne accorsero”.

Quindi Giorgio Martino evidenzia il lavoro di un gregario, che fu fondamentale.

“Chinetti fece un prezioso gioco di squadra, controllando gli avversari: e fu lui, a risultare rilevante, sul piano tattico. All’ultima curva Boyer era primo da solo e qui successe un miracolo sportivo. Grazie alla forza fisica Saronni iniziò la “fucilata di Goodwood, che rimane anche un’immagine visiva e televisiva impressionante. La telecamera riprese prima lo scatto e dopo, in un attimo, si vide l’italiano davanti a tutti. Questa immagine amplificò quella che già era un’impresa, e il racconto di Adriano De Zan diede ulteriore risalto perché anticipò di una frazione di secondo ciò che chi era davanti ai teleschermi avrebbe visto in occasione dello stacco da una telecamera, quella mobile, all’altra, quella che si mette, di solito, sul rettilineo del traguardo in occasione di ogni gara. Normalmente si vince o in volata o per distacco. Saronni vinse una volata per distacco, il che sembra un ossimoro”.

Un caso unico…

“Sì – afferma con decisione l’ex telecronista della RAI -, davvero un caso unico”.

Va ricordato che, in occasione di quel Campionato del Mondo, la famosa corsa di un giorno, nella lista dei ritiri c’era un certo bretone, tale Bernard Hinault!

“Esatto, oltre ai concorrenti che hai nominato: e quell’anno Hinault aveva anche vinto il Giro e il Tour, un’accoppiata storica”.

Una cosa per pochi eletti!

“Già, una cosa per pochissimi tra i quali Coppi, in precedenza”.

Saronni, per talento e capacità tattica di leggere la gara di un giorno, così viene chiamato il Mondiale, ha dimostrato di avere la stoffa, per diventare campione iridato.

“E’ stato un corridore completo. Vinceva i giri e le gare in linea. Non era un grande scalatore ma aveva una classe tale da non andare in difficoltà nemmeno in salita: si difendeva con onore. Nella volata vinceva molto non solo perché fosse un grande velocista ma perché aveva un grande occhio, una grande attenzione. Sapeva dove passare, controllava chi stava dietro e chi davanti. Riassumendo: non era un vero scalatore, non era un vero velocista, tipo Cipollini, ma sapeva fare un po’ di tutto. Era un grande passista e si trovava bene anche a cronometro. Ha gradito poco il Tour ma nel Giro d’Italia era fortissimo”.

Giorgio Martino, mi descrive con due pennellate, due fotografie, due grandi campioni, nel loro rispettivo settore? Parlo di Adriano De Zan e Alfredo Martini.

“Hai fatto bene: ritengo giusto, abbinare Saronni con loro. Con Adriano abbiamo fatto 30 Giri d’Italia insieme e lo conoscevo davvero bene. 30 Giri d’Italia io, lui 42, hanno significato 30 anni insieme, non solo da noi ma anche in giro per il Mondo, ed erano gli anni d’oro, del Ciclismo. Era importante, la sinergia, e la cooperazione, e credo che alcune imprese sportive sarebbero state minori, senza il racconto di Adriano. Noi sul palco vedevamo e raccontavamo quasi sempre le corse da uno schermo: la difficoltà era quella di cogliere nel monitor il momento del passaggio di Saronni. A Goodwood, dal posto fisso non si vedeva ovviamente tutto; e lui invece notò subito la “fucilata” anticipando quello che sarebbe successo dopo. L’effetto sonoro e visivo era un tutt’uno, consegnandolo alla storia della televisione!”.

Pochi sanno che De Zan fosse nato a Roma.

“Sì, ma fu un caso, perché il padre, veneto, era un capo-comico. La compagnia si spostò a Roma nel momento della nascita di Adriano. Casualmente romano, diciamo. La sua vita era milanese, per lavoro e cultura. Quando poteva, almeno: di Giri d’Italia ne ha fatti più di 40 e stava sempre in giro”.

Giriamo pagina: Alfredo Martini?

“Non è stato solo un gran tecnico ma il più grande direttore sportivo del mondo. Lo dicono i risultati e non dobbiamo aggiungere nulla. L’umanità, però, va sottolineata: uomo straordinario ancora prima dell’atleta e dell’intuitivo stratega, come fece facendo in modo che uno svedese, Petterson, conquistasse il Giro d’Italia. Ma da CT azzurro avrebbe compiuto il vero capolavoro. L’impresa difficile era creare l’armonia in una squadra piena di galli nello stesso pollaio. Da quel periodo, come oggi, la Nazionale esisteva solo per i Campionati Mondiali e non sempre, come prima era per il Tour de France, dove, addirittura c’era una squadra A e una formazione azzurra B. Così la rivalità si accentuava perché ci si vedeva di meno, ovviamente”.

Ma va detto che tra i saronniani e i moseriani, schierati da una parte e dall’altra, era anche il periodo di certi caratterini come Visentini e Contini, tra gli altri.

“C’erano grandi rivalità, come sempre nel Ciclismo: e questa era un’arma a doppio taglio. Situazione che nel 1981 furono dannose più che positive, per esempio, perché Saronni giunse 2°. Qui il merito di Martini è stato assoluto, nel far pensare alle punte di diamante al lavoro di squadra. E aveva la sua grande umanità è stata la prima chiave, per poter fare questo”.

 

Testo raccolto da Giulio Dionisi