Fausto Coppi

Il Campionissimo: è andato in fuga, imprendibile, il 2 gennaio 1960

 

Il 2 gennaio del 1960 se ne è andato il più grande campione di Ciclismo del Dopoguerra: il Campionissimo, Fausto Coppi, o come lo chiamavano i francesi davanti ai quali seppe trionfare, Fostò. Piemontese di Castellania, dove nacque il 15 settembre del 1919, ha vissuto una straordinaria carriera sulle due ruote, soprattutto su strada, ma anche su pista. Tanto forte nelle corse a tappe in pianura quanto eccezionale in montagna: completo in ogni versione, Fausto Coppi ha avuto la sfortuna di pagare con il prezzo estremo le conseguenze di una malaria contratta in Africa durante una battuta di caccia, ed è deceduto a soli 41 anni 3 mesi e 18 giorni.

Un altro soprannome era l’Airone, per come sapeva partire e volare via a ogni avversario: nella storia dell’Italia che usciva dal secondo conflitto mondiale, in un paese fatto per eccellenza di dualismi, veniva contrapposto a Gino Bartali, dividendo, ancora una volta, la nazione in due.

La storia di Coppi merita di essere raccontata da quando è nata, sulle strade del natio Piemonte, fin da ragazzo. Alto 1 e 86, con un fisico all’apparenza non da gigante sul piano muscolare e osseo, Fausto dimostrerà da subito grandi cose per la sua grande agilità muscolare figlia di gambe lunghe e sottili. Di torace ampio, aveva una capacità polmonare fuori dal comune, fatta di 7 litri e mezzo, oltre alle 34 pulsazioni cardiache per minuto, a riposo. Ma a scuola non è un fenomeno: affianca uno dei 4 fratelli e il padre prima nel lavoro dei campi, poi a Novi Ligure (sempre in provincia di Alessandria) come garzone in una salumeria. Il giovanissimo Coppi consegna il cibo in bicicletta, e incassa quelle 5 lire che gli permettono di tornare a Castellania dai genitori la domenica. Quando ha 15 anni lo zio Fausto, marinaio, che torna dal Golfo Persico, gli dà i soldi necessari a comperare una bicicletta Maino, costo 520 lire. Sarà l’inizio di un rapporto meraviglioso, impensabile. Torna a lavorare a Novi Ligure e viene segnalato al popolare Biagio Cavanna, fisioterapista, nel recente passato, di campioni assoluti quali Costante Girardengo e Leraco Guerra. Quest’ultimo fa entrare Coppi nella scuola di giovani corridori appena aperta. Cavanna diventerà cieco nel 38, ma sarà per tanti anni massaggiatore di Fausto Coppi e fedele consigliere. E Biagio capisce che quel ragazzo potrebbe diventare un campione, come quelli da lui trattati nel periodo degli anni 30. Coppi partecipa alla sua prima gara ufficiale sulle strade di casa il 1° luglio 1937 ma si deve ritirare, per una foratura. Lascia l’impiego perché nella zona di famiglia lavora come macellaio per i contadini e guadagna 20 lire a settimana. Con 600 si fa costruire una bicicletta Prina realizzata da un ciclista di Asti, che gliela fa su misura. E un anno dopo, siamo nel luglio del 1938, vince il Circuito di Castelletto d’Orba con la maglia del Dopolavoro Aziendale Montecatini di Spinetta Marengo. E bissa ad Alessandria la seconda vittoria nel Trofeo Gigi Agosta ricevendo 500 lire di premio. Quando corre la Coppa Città di Pavia, il massaggiatore Cavanna scrive un biglietto a Giovanni Rossignoli della Bianchi: “Ti mando due miei allievi, Coppi e Bergaglio – più grande di 5 anni -: vedrai, Coppi vincerà, osservalo perché assomiglia a Binda”. Andò così. Il giovane Coppi passato ai professionisti, arriva 3° al Giro del Piemonte, da corridore indipendente, in una manifestazione vinta da un certo Gino Bartali, che arriva con 3’31” di distacco. Nel 40 Eberardo Pavesi, direttore sportivo della storica squadra Legnano, lo mette sotto contratto per 700 lire. Avrebbe stupito il mondo intero, fin dalle prime uscite: nella sua prima Milano Sanremo spedisce in orbita Bartali che alla discesa dopo il Poggio e la Cipressa arriva 1° a braccia alzate sul traguardo.

Fausto Coppi sarà professionista per ben 20 anni, dal 1939 al 1959, e ha conquistato anche le più importanti classiche definite, per antonomasia, le corse di un giorno, definizione che poi sarebbe calzata a pennello, per esempio, per il Campionato del Mondo. Lui la Seconda Guerra Mondiale l’ha preceduta e ne ha vissuto i dolorosi e successivi anni. Vinse il prima Giro d’Italia nel 1940, bissando nel 47, e ancora nel 49, nel 52 e nel 53: e il record di vittorie lo accomuna, per gli amanti della bicicletta e dello Sport, oltreché delle statistiche, all’italiano Binda, periodo pionieristico del ciclismo, e al belga Merckx.

Fausto Coppi ha vinto due volte il Tour de France: la prima volta nell’annus horribilis della storia dello sport italiano, il 1949, rimasto negli annali per la Strage di Superga, in cui perì il Grande Torino, leggenda del Calcio italico e internazionale. E la seconda volta ai Campi Elisi per Coppi fu tre anni dopo, 1952. Nel 49 Coppi è stato il primo ciclista italiano a conquistare Giro e Tour nella stessa stagione agonistica.

Tra i tanti successi sulle nostre strade 5 volte si è imposto nel Giro di Lombardia, una classica di grandissimo livello: 4 delle quali, dal 1946 al 49, consecutivamente; una quinta arrivò nel 1954. Tre volte ha tagliato da vincente la Milano-Sanremo, una volta la tremenda Parigi-Robuaix, 1950, e di lì a poco l’insidiosa Freccia Vallone, che dopo oltre 30 anni avrebbe reso importante in Europa il nostro Moreno Argentin.

Fausto Coppi correva in un periodo di grandi avversari sia in Italia, vedi Fiorenzo Magni e Gino Bartali, ma anche contro rivali temibilissimi di livello continentale e mondiale: non era un ciclismo che consegnasse in modo facile e semplice, le vittorie ai grandi protagonisti. Né le carriere sono spesso durate per venti primavere come capitò a Fausto Coppi. L’apice lo toccò nel 1953. Ma prima facciamo due passi indietro. Già perché l’Airone di Castellania conquistò il mondo intero su pista, diventando, nel 47 e nel 49, Campione del Mondo nella specialità dell’Inseguimento e primatista dell’ora dal 1942 al 1956. Il piemontese corse, in 60 minuti primi, ben 45 kilometri e 798 metri. Tanta roba, per l’epoca. Fino al 1953 quando conquistò la maglia dell’iride che è stato il traguardo più rilevante di una straordinaria attività agonistica.

Si parlò di una differenza politica, tra lui e Gino Bartali, ma a unirli c’era il grande coraggio, l’intraprendenza, la sagacia tattica e la qualità assoluta, su tutti i tipi di percorsi. E’ rimasta celebre, anche dopo mezzo secolo, la fotografia scattata nel 1952 al Tour de France, dei due che si passano una borraccia con dell’acqua, simbolo di fratellanza e rispetto come si conviene in un periodo storico di rara difficoltà qual è stato quello della Ricostruzione, italiana ed europea. Bartali era più istintivo, Coppi curava e tanto, l’alimentazione, con metodi di allenamento affatto lasciati al caso.

A distanza di parecchi anni siamo ancora qui a vedere i filmati delle loro imprese, delle loro interviste, e anche di qualche loro apparizione in televisione, per esempio al Musichiere, storica trasmissione di intrattenimento condotta con maestria e finissima ironia da Mario Riva. Riviviamo qualche passaggio per ricordare quella televisione essenziale e garbata, mai volgare ma sempre accompagnata dalla voglia di ridere, negli anni 60. Ce n’era tanto bisogno, a poco più di tre lustri dalla fine della guerra. Riascoltiamo volentieri Mario Riva, Gino Bartali e Fausto Coppi.

https://www.youtube.com/watch?v=oEPEsOVgNGM

Al di là della cordialità e del senso dello humour espressi nel piccolo schermo davanti a milioni di italiani, la rivalità c’è stata, eccome, a partire dal 1946, quando Coppi lascia la Legnano di Pavese e Bartali e firma per la Bianchi, e in casacca biancoceleste vivrà 10 grandissimi anni. Il cambio di squadra dà subito i suoi frutti: il 19 marzo l’Airone ancora non Campionissimo, vince la prima Milano-Sanremo sorprendendo il grande radiocronista dell’allora EIAR poi divenuta RAI, Niccolò Carosio. Il quale, resosi conto dell’enorme distacco tra Coppi e il più immediato inseguitore, il francese Lucien Teisseire, 14 minuti (!), dice, in diretta: “Primo Fausto Coppi: in attesa del secondo classificato trasmettiamo musica da ballo”. Cosa impensabile, nel ciclismo dagli anni 70 in poi, non credete?

Se sulle due ruote il percorso di Fausto Coppi è da leggenda assoluta, la vita privata non è stata tutte rose e fiori. Il 22 novembre 1945 sposa Bruna Ciampolini a Sestri Ponente, che due anni dopo dà alla luce Marina. Ma dal 1953 Coppi è al centro delle cronache mondane perché avvia una relazione extraconiugale per entrambi, con Giulia Occhini, che un cronista francese definisce la “Dama Bianca”. Per questo la Occhini farà 4 giorni di carcere ad Alessandria per adulterio, con pareri fortemente avversi addirittura di Papa Pio XII e dell’opinione pubblica. Sarà poi trasferita in modo coatto ad Ancona, da una zia. Verranno tutti e due condannati a due mesi di reclusione con la condizionale nel 1955 a marzo, per abbandono del tetto coniugale il Campionissimo, e Giulia Occhini. Lei è in cinta di tre mesi, e verrà concessa per gli amanti la libertà condizionale con iniziale sequestro del passaporto per il pluridecorato ciclista piemontese. Si sposano in Messico, ma il matrimonio in Italia non viene riconosciuto, e il figlio, Angelo Fausto, nascerà a Buenos Aires, Argentina, il 13 maggio 1955.

La fortuna volta le spalle al Campionissimo Succede qualcosa di magico, che soltanto tra grandi uomini può accadere, nello Sport. Coppi viene chiamato dall’amico e a quel punto ex rivale Gino Bartali, che lo ingaggia alla San Pellegrino, squadra appena messa in piedi dal toscanaccio. Ma non basterà, a scansare una Dea Bendata che volterà le spalle al Campionissimo. Infatti Coppi il 10 dicembre 1959 parte per una gara in quello che oggi è il Burkina Faso (all’epoca Alto Volta), con alcuni colleghi transalpini, tra i quali il leggendario Jacques Anquetil, Roger Rivière, Roger Hassenforder e Henry Anglade e Raphael Géminiani. La gara la vince Anquetil davanti a Coppi, che torna nella riserva di Fada N’Gourma con Géminiani. Ma nella notte vengono assaltati dalle zanzare e si prendono la malaria: debilitati e fisicamente non a posto, tornano a Parigi col francese che rincasa a Clermont-Ferrand. L’italiano va dalla sua famiglia a Novi Ligure. I due amici ciclisti si telefonano, perché entrambi soffrono di una fastidiosa febbre. Géminiani perde conoscenza e viene portato in ospedale, con la moglie che, sollecita, porta una provetta di sangue all’Istituto Pasteur di Parigi, parlando con uno specialista di malattie tropicali. I dottori rilevano la presenza del Plasmodium Falciparum, la forma più violenta di malaria. Il francese resta in coma ma si salva con il chinino, cura importante, e il 5 gennaio successivo si risveglia. Coppi, invece, si va a vedere la partita di Calcio Genoa-Alessandria per la gran curiosità di vedere in azione la stella nascente del calcio italiano e internazionale, il corregionale alessandrino Gianni Rivera. Dopo la partita di Marassi, Coppi andrà a caccia nella sua riserva,a Incisa Scapaccino ma il 27 dicembre la febbre e i brividi lo mandano al tappeto. La sua famiglia chiama il Dottor Allegri, che abita a Serravalle Scrivia: il quale chiama il primario di Tortona, Astaldi. Ma i due luminari di Medicina non riescono a stabilire con precisione la giusta diagnoli. Le condizioni di Coppi si aggravano. Il pomeriggio del 1° di Gennaio del 1960 le condizioni del Campionissimo si aggravano, e nemmeno il Professor Fieschi dell’Università di Genova riesce a cambiare la situazione. Coppi è ricoverato a Novi Ligure, poi a Tortona. Alle 22 perde conoscenza, alle 23 viene dichiarato “in pericolo di vita”. All’1 di notte si riprende e parla con l’amico Ettore Milano, suo storico gregario. Poi, però, Fausto entra in coma e non basta una intensa cura di cortisone e antibiotici. Il corpo del Campionissimo non reagisce. Fausto sale in Cielo alle 8.45 del 2 gennaio. Muore a 40 anni il più grande Ciclista di ogni tempo. Infatti Fausto Coppi ha ottenuto un bronzo a Copenaghen ai Mondiali su Strada, che avrebbe vinto nel 1953, a Lugano, poco dopo. Da Professionista il piemontese ha vinto 22 frazioni al Giro d’Italia, conquistato 5 volte, e 9 tappe al Tour, vinto due volte: in terra francese ha vestito per 19 giorni la maglia gialla, complessivamente.

Il 4 gennaio 50000 persone, sul Colle di San Biagio, accompagnano per l’estremo saluto il “Campionissimo”. Coppi viene inizialmente sepolto nel piccolo cimitero parrocchiale di Colle San Biagio, vicino Castellania, dove ancora oggi riposano i genitori ed altri parenti. Verso la fine degli Anni 60 le sue spoglie e quelle del fratello Serse, deceduto in precedenza, vennero traslate dal cimitero e inumate definitivamente in un mausoleo realizzato accanto al municipio del paese natio.