La misura è colma, quella dei dirigenti scolastici non è una categoria avvezza alla mobilitazione ma è arrivato il momento di dire basta, non si può continuare a dare senza ricevere”. Parole e musica sono da attribuire a Mario Rusconi, Presidente di Anp del Lazio e vice presidente nazionale, alla vigilia di una settimana, la prossima, che vedrà scendere in piazza praticamente tutte le sigle sindacali rappresentative dei presidi italiani, ognuna con una sua strategia di sollevazione. C’è chi farà lo sciopero della fame e della sete, chi boicotterà le nuove reggenze e chi si dividerà su più fronti, da viale Trastevere a Montecitorio. Lo scopo comune è farsi ascoltare e porre rimedio ad una situazione che vede i dirigenti scolastici italiani stabilmente in coda tra gli omologhi della pubblica amministrazione sia in fatto di retribuzione che di aumento di resposnabilià.

I presidi con la tessera dell’Anp, più di 2000 sui circa 7000 che operano sul territorio, hanno deciso di scendere in piazza il 25 maggio a Roma. La protesta ruota attorno a due punti cardine: la perequazione retributiva con la restante dirigenza pubblica e poteri corrispondenti alle responsabilità.

Dalle 10 del mattino i dirigenti scolastici, provenienti da tutta Italia, manifesteranno davanti al Miur e Montecitorio. “E’ necessario – ha spiegato nei giorni scorsi Mario Rusconi – reperire risorse economiche aggiuntive per finanziare il futuro contratto collettivo nazionale della categoria e disporre l’immediata apertura del tavolo contrattuale”. E protestiamo – aveva aggiunto – “perche’ gli adempimenti da svolgere stanno aumentando in maniera abnorme e senza precedenti, spesso slegati dagli obiettivi triennali assegnati a ciascun dirigente”.

“Abbiamo fatto più di novanta assemblee in tutt’Italia a cui hanno partecipato – spiega ancora il vice presidente Mario Rusconi – più di 2.500 colleghi. Sto ricevendo parecchie adesioni questo mi fa pensare che la protesta sarà massiccia”.

“Ora basta con queste molestie burocratiche! Le incombenze che ci sono affidate oltre ad essere sproporzionate rispetto al nostro ruolo spesso ci costringono – racconta Rusconi – a fornire numeri al ministero che sono già in loro possesso”.

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