Studi scientifici dimostrano come non avere una vita notturna regolare sia causa di disturbi metabolici e funzionali, ma anche di irritabilità, stress, difficoltà di apprendimento. La necessità del sonno cambia in base all’età: i neonati dormono quasi tutto il giorno, i bambini dovrebbero farlo per almeno il 40% della giornata. E gli adulti?

“Gli insonni non dormono perché si preoccupano, e si preoccupano perché non dormono” sono le parole dello scrittore Franklin Pierce Adams che, con questa frase, ha descritto il più grande disturbo del secolo: l’insonnia.

“Il sonno– spiega Armando Piccinni, presidente della Fondazione Brf Onlus, – è vitale per l’essere umano. Un buon sonno garantisce al nostro cervello un funzionamento ottimale, e ha ripercussioni sul sistema cardiovascolare e anche immunitario”. 9 milioni sono gli italiani che hanno problemi con il sonno, circa sette su dieci, ma neanche la metà di queste ne ha mai parlato con uno specialista.. Quattro su dieci, sempre secondo lo studio, hanno difficoltà ad addormentarsi, tre su dieci si svegliano più volte durante il sonno e due su dieci si svegliano prima che la sveglia suoni.

Nell’età adulta bisognerebbe dormire, di norma, circa 7-8 ore a notte. Ad ogni modo le esigenze sono soggettive: ad alcuni bastano 4-5 ore ad altri anche 9-10.

Il disturbo prevale nelle donne ed è legato all’età: diventa più frequente con l’inizio della menopausa e dopo i 65 anni, mentre gli uomini sembrano soffrirne particolarmente tra i 24 e 34 anni.
Sembra, inoltre, che vi siano fattori che aumentano la probabilità di sviluppare il problema: l’appartenere a classi sociali meno abbienti, soffrire di depressione, utilizzare dispositivi tecnologici fino a tardi, non lavorare, soffrire di patologie degenerative ed essere esposti a fattori di stress.

“I problemi– continua a spiegare Piccinni- riguardano però anche il russamento, la sindrome delle gambe senza riposo e numerosi disturbi secondari. I bambini non sono indenni: il sonnambulismo tocca circa due bambini su dieci. Si tratta spesso di comportamenti transitori che svaniscono con l’adolescenza, mentre il legame fra sonno e psicopatologie è conclamato”.

La classificazione dei disturbi del sonno distingue tra insonnia transitoria, quando ha una durata inferiore a tre mesi e cronica, quando invece la durata è superiore. Distingua, inoltre, fra insonnia primaria nel caso in cui la condizione non riconosce all’origine alcuna malattia organica, abuso di di droghe o disturbo psichiatrico; e insonnia secondaria quando consegue ad un’altra patologia come i disturbi psichici, l’ipertiroidismo, le cefalee, il reflusso gastro-esofageo e gli eventi ambientali stressanti.

In merito a ciò precisa, però, il Professor Alessandro Cicolin,  responsabile del Centro di Medicina del Sonno Ospedale Molinette di Torino – ‎Università degli Studi di Torino “La distinzione tra forme primarie e secondarie non è così semplice come potrebbe sembrare, poiché deve essere stabilita con chiarezza una duplice relazione tra quello che si ipotizza essere il disturbo primario (causale) e l’insonnia, una di tipo cronologico (se è presente il disturbo ipotizzato come primario è presente insonnia) e una di tipo quantitativo ovvero più è grave il disturbo ipotizzato come primario più è grave l’insonnia. Questo aiuta a stabilire un adeguato approccio terapeutico e la prognosi del disturbo”. e continua spiegando che “In tutti questi casi la risoluzione del disturbo passa attraverso, rispettivamente, la riequilibrazione del ritmo sonno-veglia, dei disturbi motori e respiratori. La terapia oggi prevede, per questo, l’impiego eventualmente associato di farmaci favorenti l’addormentamento o stabilizzanti il sonno profondo e tecniche cognitivo comportamentali, che rappresentano di fatto una sorta di processo riabilitativo al sonno”.