Sempre più numerose sono le notizie di donne picchiate, sfregiate dall’alcool e uccise dai loro compagni che, quotidianamente, compaiono tra le notizie di cronaca dei giornali e telegiornali italiani.

Le ultime notizie sono quelle di Gessica, colpita con l’acido dal fidanzato, che rischia di perdere la vista e Ylenia, 22 anni, attualmente ricoverata al Policlinico di Messina nel reparto di chirurgia plastica perché l’ex fidanzato Andrea, la mattina dell’ 8 Gennaio si è presentato davanti casa sua, le ha lanciato benzina contro ed ha appiccato il fuoco, tentando di ucciderla. L’uomo continua a proclamarsi innocente, ma non solo lui, anche Ylenia si ostina a difenderlo contro tutto e tutti affermando che “non è stato lui, hanno arrestato un innocente”.
“Ci sono donne che quando si passano i confini dei diritti umani denunciano e interrompono la relazione. Alcune però non ci riescono e continuano a perpetuare il rapporto per motivi molto eterogenei. Se ne ritrovano alcuni ricorrenti: alcune pensano di poter redimere l’uomo, altre lo giustificano, altre non reputano grave l’atto che è stato fatto. Perdonando atti che sono sintomi di violenza, ci si ritrova davanti a danni irreparabili”, spiega Paolo Cianconi, medico psichiatra, che lavora presso la Casa Circondariale Regina Coeli di Roma.

Sono tante le donne che negano, difendono e pensano di essere la causa delle violenze subite, al punto da giustificare il proprio compagno o marito, anche sul letto di un ospedale. Lo psicanalista Maurizio Montanari spiega sul suo blog, Lettera43, che nel 68% dei casi la violenza si verifica “in famiglia”: l’autore è, infatti, nel 48% dei casi il marito, nel 12% il convivente e nel 23% l’ex compagno. Tuttavia, nel 2% dei casi le donne abusate scelgono spontaneamente di tornare dall’uomo violento e ritirare la denuncia.

Ma perché le donne perdonano il loro carnefice, scambiando la violenza per amore?

Secondo Diana De Ronchi, psichiatra e professoressa ordinaria dell’Università di Bologna “Le donne sono abituate da milioni di anni, oserei dire da sempre, a perdonare e a giustificare le persone a cui si sentono affezionate. In molti casi le donne che subiscono violenze provengono da famiglie in cui c’è stata una sofferenza di tipo psicologico, ad esempio da parte della figura paterna o fratelli maggiori che le hanno abituate a considerare la violenza domestica come qualcosa di normale, di abituale. Si tratta di quello che viene definito il ciclo della violenza: le donne apprendono che questo è la normalità, la donna subisce violenza come un aspetto della vita quotidiana”.

Troppo spesso le donne non si rendono conto di come l’uomo che le accarezza le bacia e dice di amarle, non è altri che un mostro e che violenza non è sinonimo di “troppo amore”. Continuano a giustificare l’occhio nero, affermando di essere cadute per le scale, e i graffi come sbadataggine pensando di aver meritato tutto questo. Sono donne incomprese, i cui problemi vengono minimizzati e sminuiti davanti alla domanda: come si fa a voler perdonare un uomo che ti mette le mani addosso fin quasi ad ammazzarti? Sono donne fragili e non ascoltate, vittime della paura e di quella violenza che lascia ferite perenni, anche quando i lividi scompaiono: la violenza psicologica.

“Le donne spesso sono assolutamente consapevoli del sopruso, della violenza ma hanno paura di interrompere la relazione perché pensano di nutrire affetto per queste persone, a volte ci sono anche dei timori relativi al fatto di dipendere economicamente da quest’uomo o di avere dei figli da quest’uomo, o la paura di andare incontro a un contenzioso sull’affidamento dei figli. Spesso intervengono pressioni di tipo sociale, legale ed economico. La donna spesso è abituata a subire violenza dalla stessa persona da anni e spesso non vive con la piena consapevolezza del dramma che sta affrontando” conclude De Ronchi.