Si parla tantissimo, in queste ore, dell’attico di Bertone. Un discorso che è sicuramente importante, che rischia però di portare l’oggetto del contendere fuori strada. La nostra attenzione non dovrebbe concentrarsi sull’attico di Bertone, infatti. La nostra attenzione dovrebbe fare un altro passo. Andare in profondità di una ricchezza sconfinata che si traduce in un patrimonio immobiliare inimmaginabile. E il patrimonio immobiliare è quello della chiesa. Del Vaticano tutto. Un patrimonio immobiliare rispetto al quale l’attico di Bertone rischia di essere il dito e non la luna che da quel dito viene indicata.

L’attico di Bertone e il patrimonio immobiliare della chiesa. Rendiamoci conto di una cosa. Qui non si parla di gossip. In questo discorso non c’entra niente il chiacchiericcio da comari cui siamo stati abituati da una informazione spesso disattenta e altrettanto spesso addirittura complice. E non si parla neanche di anime. Di Dio. Di Paradiso o di Inferno. Qui si parla di miliardi. Miliardi di euro. Fiume di denaro. Mare di soldi. Soldi buttati, spariti, fatti sparire.  Qui si parla di pietà collezionata per fare il bene e finita ad incrementare il male.

 

A finire sotto la lente d’ingrandimento, in questo momento, devono essere  le modalità in cui esiste da secoli il Vaticano a Roma, la città che da sempre ospita il Papa e la Curia, e che giorno dopo giorno ha visto trasformarsi  questa grande, eterna, creazione universale, in una gigantesca base di scambio di protezioni e rapporti clientelari. Una centrale così vasta e radicata che possiamo affermare che una parte considerevole della cittadinanza della Capitale, non  per forza facente parte  della upper class, viva o abbia vissuto  dietro al Romano Pontefice e ai suoi cardinali e monsignori, in un meccanismo che a tutto è stato capace di far fronte, che è riuscito a rimanere in piedi nonostante la fine della Democrazia cristiana, la caduta politica prima e la morte fisica poi di Andreotti, la dissoluzione della Prima e della Seconda Repubblica.

L’attico di Bertone. Il patrimonio immobiliare della Chiesa. Il fiume di denaro e l’enorme potere che si annida dietro chi dovrebbe occuparsi di anime in uno spazio in grado di andare oltre il tempo ma che invece dà vita a un insieme di cortesie, grandi e piccoli favori, appoggi domandati, giurati e contraccambiati.

Un pianeta a parte, composto solo di conoscenze, mani da stringere, uomini da adulare, per avere favori grandi o piccoli, per le tessere che permettono di entrare allo spaccio o nella farmacia vaticana, per le messe private, cool, esclusive,  in cui per entrare serve l’invito, come fossero serate mondante,  che in particolar modo nel periodo natalizio avvistano inserirsi in fila dalla Porta di Sant’Anna le auto blu  di ministri e sottosegretari che vanno a farsi benedire, nel senso proprio del termine,  con mogli, figli e bambinello da mettere sotto l’albero al seguito.

L’attico di Bertone deve portarci a parlare del patrimonio immobiliare della chiesa. Quanti di voi sanno che  solamente prendendo in considerazione gli immobili dell’Apsa, l’amministrazione del patrimonio immobiliare del Vaticano, si contano 5050 tra appartamenti, botteghe, appezzamenti di terra e locali di vario genere,  ubicati nella stragrande maggioranza dei casi nel centro di Roma, che nutrono un mercato ‘clandestino’ di cui senza risultati la commissione papale istituita da Francesco ha tentato di calcolare l’entità.

L’attico di Bertone deve farci porre dei quesiti a proposito del patrimonio immobiliare della chiesa. Come si fa a diventare inquilini del Santo Padre? Ci sono migliaia di persone pronte anche ad aspettare mesi, se non anni; girano elenchi top secret di inquilini avanti con l’età che per questioni di salute, per necessità o per morte, potrebbero lasciare liberi gli alloggi all’improvviso, o meglio ancora andarsene, a patto di guadarci una consistente buonuscita.

E degli abiti? Attico di Bertone e patrimonio immobiliare della chiesa a parte, parliamo un attimo del fenomenale sarto romano da cui le Eminenze vaticane vanno per farsi fasciare nelle loro eleganti tonache sartoriali, cucite su misura, con cappotti eleganti, con capi d’abbigliamento da almeno quattro zeri.

Chi lo conosce bene, giura che Papa Francesco abbia davvero voglia di porre un freno definitivo a tutti questi cultori dell’ego che invece di curare le anime altrui, o indicargli con il buon esempio la strada della vita eterna,  hanno accumulato nel corso degli anni una serie di privilegi tali che li portano a considerare come comportamenti normali anche gli atteggiamenti più infami. La lotta, però, appare impari. E se questa ascesa del potere temporale del Vaticano ha resistito a tutto e a tutti, basterà un gesuita travestito da francescano a  frenarla non dico del tutto ma almeno in buona parte?