Giancarlo Siani. Un nome che probabilmente soprattutto ai più giovani suggerisce poco. Giancarlo Siani, il giornalista che faceva il giornalista. Giancarlo Siani, l’uomo che teneva gli occhi aperti in un contesto in cui girarsi dall’altra parte era, purtroppo è ancora, forse, un comodo approdo nel porto di una quiete chiamata indifferenza.

L’estate sta finendo. E’ il 23 settembre del 1985. Finisce anche presto, troppo presto, la vita del giornalista Giancarlo Siani. Oggi omaggiato da un docufilm che si chiama proprio “L’estate sta finendo” e che vuole ricordare ai tanti ragazzi di oggi che ci sono innumerevoli modi per essere giovani e restarlo per sempre.

Uno, forse il più difficile, è essere sé stessi. E’ gridare anche quando tutti attorno a te tacciono. E’ affrontare le ombre che hanno reso inferno una terra bellissima. E’ essere pronti a pagare con la vita il biglietto per un viaggio con destinazione libertà. Proprio come Giancarlo Siani ha fatto, purtroppo, il 23 settembre 1985.

Era il 23 settembre del 1985 quando i sicari della camorra ammazzorono Giancarlo Siani, il giornalista de “Il Mattino”, che viaggiava a bordo della sua Mehari.

Un assassinio che nonostante le condanne definitive rimane per troppi aspetti circondato da una nebbia ancora bassa e fitta. I boss della Camorra non potevano neanche lontanamente immaginare che quell’agguato avrebbe dato ancora più forza a Giancarlo Siani, il cronista, senza contratto che investigava e raccontava i segreti delle cosche di Torre Annunziata e non solo.

Nella meoria di Giancarlo Siani, per merito del fratello Paolo che ha da subito iniziato a lottare affinché il suo sacrificio non fosse reso vano dall’oblio, sono cresciute almeno tre generazioni di cronisti.  Giancarlo Siani aveva un solo obiettivo: dire la verità. Giancarlo Siani è diventato simbolo  degli eroi silenziosi che si battono ogni giorno contro la camorra.

Lui che aspettava ancora un contratto vero, lui che anche senza contratto, da “giornalista abusivo” faceva il giornalista vero in un mondo di giornalisti impiegati, omertosi, che si girano dall’altra parte, che preferiscono non vedere, non rischiare, non raccontare, in nome di un posto da difendere, di un bonifico da incassare, di una paura da coltivare.

Giancarlo Siani, l’uomo che ha sconfitto la camorra ma che ha pagato la propria vittoria con un prezzo altissimo: la vita. Anche se la libertà, forse, vale ancor più della vita stessa.