Descrivere la disponibilità di Dario Fo è impossibile. Io non riesco a farlo usando semplici parole. Lo chiami nella sua casa di Cesenatico e quando te lo passano ti saluta con l’allegria di un vecchio amico che non senti da tempo, anche se in realtà ci hai parlato una volta sola ed hai quasi paura di disturbarlo, perché pensi che i miti viventi come lui, icona del teatro e della letteratura, andrebbero lasciati in pace. 

Gli chiedi timidamente se ha voglia di una breve chiacchierata da mandare in onda su Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, durante ECG Regione, per parlare un po’ di attualità e informazione e lui accetta, generoso e allegro come una persona che ha ancora tantissimo da dire, anche se per lui potrebbe far parlare titoli, storia e riconoscimenti.

L’ondata di xenofobia che ha sconvolto Roma e l’Italia dopo l’incidente che dieci giorni fa ha trasformato in un inferno Via Battistini, è ancora viva. Calda. Pulsante. E Dario Fo la commenta con la lucidità che lo ha sempre contraddistinto: “Quello dei rom che vivono fuori dalla legge è un problema che esiste, è impossibile negarlo. Ma è anche vero che se quell’incidente fosse stato causato da un italiano ubriaco anziché da un rom non se ne sarebbe parlato così tanto. Magari qualcuno sarà anche dispiaciuto del fatto che a perdere la vita sia stata una povera signora filippina, perché se fosse morto un italiano avrebbe potuto cavalcare la rabbia ancora meglio”.

In questi giorni un pensiero del genere rischia di essere impopolare. Ma a suffragarlo ci sono i fatti. Quanto accaduto a Roma è una tragedia e il rom che guidava quella macchina deve pagare fino all’ultimo giorno il suo conto con la giustizia. Ma di questa tragedia si è parlato, detto e scritto tantissimo. Nessuno, o pochissimi, invece, hanno speso una parola su un italiano 32enne che nello stesso giorno, a Pescara, guidando da ubriaco, ha spazzato via un motorino, uccidendo uno dei due ragazzi che ci viaggiavano sopra.  E un paio di mesi, fa a Monza, un quarantaduenne ha investito a bordo del suo suv un ragazzino di quindici anni, uccidendolo. E’ scappato, per poi costituirsi poche ore dopo. E’ brianzolo. Benestante. E già libero.

Due casi emblematici che la dicono lunga su come l’informazione e un certo tipo di politica non vedano l’ora di strumentalizzare determinate vicende per cavalcare l’ira degli italiani che faticano ad arrivare a fine mese ed alimentare una vera e propria guerra tra poveri e disperati. Dario Fo sintetizza la situazione così: “Quando un popolo ha un problema, la prima cosa che fanno i potenti è quella di trovargli un nemico. E’ cosi dall’Impero Romano. Divide et Impera”.

Nel momento in cui abbiamo parlato con Dario Fo, le agenzie di stampa, i telegiornali e tutte le testate giornalistiche sul web parlavano della seconda ondata di arresti legata a Mafia Capitale. Questa volta caratterizzata da un dettaglio particolarmente inquietante. Quello del lucro su immigrati e rifugiati: “La gente se la prende con i rom, e per carità per alcuni di loro il problema esiste, non si può e non si deve negare. Ma poi leggi di gente in giacca e cravatta che guadagna milioni di euro sulla pelle di vite umane e disperati. E’ incredibile. è una farsa oscena che oltrepassa ogni possibile bruttura con la propria insolenza criminale. E la cosa che fa veramente fremere di vergogna è il fatto che appena succedono queste cose i nostri presidenti e i nostri politici si sbrigano a chiedere nuove leggi. Sono insopportabili. Ti meraviglia la forza con cui gridano che bisogna cambiare, ma poi si dimenticano. Fanno cadere il vuoto e il silenzio”.

Il dramma degli immigrati sfruttati, sottopagati, addirittura uccisi in alcuni casi, Dario Fo lo conosce bene. Ha scritto a quattro mani con Florina Cazacu un dialogo, edito da Chiarelettere, dal titolo “Un uomo bruciato vivo”.  Chiedeva di essere messo in regola, il datore di lavoro lo uccise, dandogli fuoco. La storia di Ion Cazacu, che fa accapponare la pelle, quando la si legge. “E la cosa incredibile è che nessuno la conosce e tutti faticano a crederci quando leggono il libro o mi sentono parlarne”, aggiunge Fo, che ripete: ““Di questa infamità vergognosa noi, spettatori spesso indifferenti, siamo del tutto colpevoli”.

Conclude il Nobel per la Letteratura: “Da anni volevo raccontare questa storia, che colpì tantissimo anche France Rame, e con l’aiuto di Florina, la figlia di questo lavoratore bruciato vivo, sono riuscito finalmente a farlo. Servirebbe un’informazione vera, seria, combattiva. In grado di denunciare il fatto che in Italia c’è un esercito di nuovi schiavi che non hanno alcun diritto e che ogni giorno rischiano la vita. Perchè il caso di Ion Cazacu non è affatto isolato. Anzi”.