Riprendiamo il viaggio all’interno del sistema universitario alla luce degli sbocchi e delle connessioni con il mondo del lavoro. Anche questa volta sarà il Prof. Carlo Drago ad illustrare i dati di occupabilità ma procedendo per diversi corsi di studio. Prof. Drago, ricominciamo da un quesito noto, studiando di meno si hanno più possibilità di impiego?

Come dicevamo la scorsa volta questo è un mito da sfatare. Non è affatto vero che la Laurea non serva a nulla e che sia un pezzo di carta. In particolare la Laurea risulta essere importante (a parte le rilevanti implicazioni culturali ed umane della stessa) proprio per “occuparsi” nel lungo periodo e con stipendi più alti rispetto ad un diplomato. E’ possibile osservare infatti nei dati come sia possibile per il laureato non solo avere uno stipendio crescente nel tempo ma anche una maggiore capacità di tenuta del lavoro stesso. Il diplomato in questo senso laddove abbia minori difficoltà nell’inserimento, tende comunque nel tempo ad avere maggiori problemi ad esempio nel mantenimento del lavoro. Nello stesso modo il laureato tende ad avere una maggiore flessibilità anche nel cambiare mansione nel tempo. Questo può creare degli indubbi vantaggi per chi possieda una laurea.

Abbiamo la volta scorsa però discusso per aggregati. Quali sono le differenze per settore disciplinare?

E’ chiaro che esistono forti differenze tra settore disciplinare e settore disciplinare. Laurearsi in una materia quindi è diverso che laurearsi magari in un’altra. Ovviamente diversa in quanto una singola laurea tende secondo i dati a immettere in percorsi di carriera diversi. E’ diverso poi cercare lavoro dopo una laurea triennale o dopo una laurea magistrale. A proposito delle singole lauree in relazione all’occupazione post-laurea. Le difficoltà di accesso al lavoro è un dato riconosciuto per la maggior parte delle lauree. E’ vero che alcune lauree tendono ad occupare più rapidamente laddove altre hanno necessità di ulteriore accumulazione di capitale umano e professionale per essere pienamente spendibili. Secondo i dati ci sono quindi rilevanti differenze anche tra i tassi di occupazione a 1 e a 3 anni dalla Laurea.

Che differenze si possono riscontrare?

A 1 anno dalla Laurea particolarmente positive le performances delle professioni mediche, ingegneristiche e del gruppo economico-statistico. Minori occupati invece per quanto riguarda il settore giuridico. Va detto che i laureati del gruppo giuridico risultano essere caratterizzati dal fatto che dovendo essi frequentare il praticantato post-laurea. Per questa ragione il loro tasso di occupazione può essere più basso, in quanto questi più tardi tendono a cercare lavoro. A 5 anni dalla Laurea, le prime tre categorie di Laurea tendono ad occupare tra il 92-97% dei laureati (medicina, ingegneria, economico-statistico) laddove il gruppo geo-biologico il 60% ed il gruppo letterario il 70%. In media comunque a 5 anni l’occupazione si attesta sull’82%. Il dato dimostra che a 5 anni la maggioranza dei laureati risulta essere occupata.

E per tipologia contrattuale?

Ovviamente varia anche fortemente la tipologia contrattuale a 5 anni. Laddove medici e ingegneri hanno un 93% contro il 75% di contratti a tempo indeterminato, nel gruppo geo-biologico e in quello letterario ci si attesta sul 32%. In questo senso i primi corsi di Laurea tendono a garantire una maggiore stabilità lavorativa a 5 anni dalla Laurea. In questo senso la media dell’occupazione a tempo indeterminato a 5 anni dalla Laurea si attesta sul 52%.

La posizione geografica conta?

Ovviamente sì, considerando la residenza alla Laurea, i residenti al Nord tendono non solo ad essere occupati di più rispetto al Sud, ma anche chiaramente a cercare di meno lavoro. Negli anni queste differenze sono diventate sempre più rilevanti per il momento difficile che sta passando il nostro paese.

Quanto conta il genere?

Abbastanza. Ancora una volta gli uomini tendono ad occuparsi (ad 1 anno) più facilmente delle donne laddove comunque negli anni queste differenze si sono ridotte progressivamente. E’ necessario considerare però ancora una volta gli effetti nefasti sull’occupazione della crisi degli ultimi anni che ha abbassato i tassi di occupazione sia per gli uomini che per le donne.