L’antico Mulino, che sorge sulle sponde del limpido torrente Rio Chiaro, secondo la leggenda del posto, pare sia stato costruito dal Principe di Montholon nel 1876 sopra i resti di un più antico mulino risalente al 1500

molinaccio rio chiaro tag24

Una piccola strada bianca che attraversa il bosco conduce ad un ponticello in pietra del Settecento da dove si può ammirare l’antica torre che misteriosa sorveglia ancor oggi l’unico ingresso al Mulino, un maestoso viale di cipressi e pini che conducono sino all’edificio in tufo.

agricoltura biologica

 

 

Le dolci acque che un tempo muovevano le pale del mulino hanno origine dalla confluenza di due piccoli ruscelli che formano nel boschetto a monte due incantevoli cascatelle.molinaccio rio chiaro

 

 

Quando arrivi in località Il Molinaccio al Rio chiaro, questo è il colpo d’occhio da cui vieni colpito.

Noi di Tag24 siamo andati a far visita a questo incantevole posto, in cui si producono frutti di bosco (lamponi, ribes, fragoline di bosco), ortaggi come patate e aglio e in cui il tutto viene coltivato seguendo un rigoroso principio di coltivazione biologica.

Ad accoglierci abbiamo trovato le anime del Mulinaccio al Rio Chiaro, Cristian Cabrera e Elisa D’Aloisio.

Da quanto tempo svolgete questa attività?

Noi come coppia da tre anni e mezzo. Ma l’azienda ha più di trent’anni di vita.

Cerchiamo di fare chiarezza: che differenza c’è tra agricoltura biologica e agricoltura convenzionale?

La prima differenza è che l’agricoltura biologica non  utilizza prodotti chimici. Ad esempio in agricoltura biologica non si utilizza il diserbante, non si utilizza il concime chimico. E poi c’è una rotazione del terreno, affinché le colture non vengano sempre effettuate nello stesso posto. L’azienda biologica per questo ha la possibilità di produrre una ampia gamma di colture, con una biodiversità enorme, con frutti e ortaggi in genere destinati all’uso alimentare diretto.  L’agricoltura convenzionale invece produce grande quantità di prodotti, tramite monocoltura, che vengono poi trasformati e destinati nella maggior parte dei casi alla grande distribuzione.

Quale destinazione d’uso hanno i prodotti che producete?

Innanzitutto la nostra vendita è diretta al consumatore. Non abbiamo intermediari, salvo casi particolari. E cerchiamo di vendere i nostri prodotti in zona, cosicché possano arrivare al consumatore nel massimo della freschezza e della bontà ad un prezzo molto contenuto.  Stiamo organizzando, poi, delle fiere contadine per cambiare l’idea che il consumatore ha del mercato. In queste manifestazioni vorremmo proporre vendita, baratto e tutte le forme di scambio di prodotti, sementi, piante e animali. Insomma, creare una rete di coltivatori diretti. Noi siamo parte di una organizzazione che si chiama Terra Contadina, che opera in Lazio, Umbria e Toscana, in cui partecipano produttori, allevatori, trasformatori e tutte quelle figure che hanno a che fare con la terra e con il nostro mondo di produzione biologica certificata e non.

Che differenza c’è tra produzione biologica certificata e produzione biologica non certificata?

Il biologico certificato è biologico, ma quelli che non sono certificati non vuol dire che non lo siano. Perché la certificazione è solo un timbro che garantisce ancora di più il consumatore, ma esistono in Italia milioni di contadini che fanno agricoltura biologica ma che non possono essere considerati coltivatori diretti e sviluppano delle tecniche di agricoltura biologica non certificata.

Alla grande distribuzione agroalimentare questo vostro nuovo modo di fare mercato dà fastidio? Qualcuno si è mai lamentato o vi ha mai fatto capire che gli stavate pestando i piedi?

La risposta è sì. Ma noi contadini siamo sottovalutati. Non abbiamo nè avremo un contatto diretto con queste corporazioni della grande distribuzione. Qualcuno coordina da Bruxelles con le regole e i dettati. Fino a questo momento ci stanno lasciando in pace, ma quando inizieremo a diventare forti sicuramente avremo dei problemi. Una grande problematica, oggi,  è legata alla Asl, alla Guardia di Finanza e a tutti gli strumenti legali che vengono a controllare noi con gli stessi parametri con cui controllano le grandi aziende.  Come è possibile, ad esempio, che nella mia azienda io possa dar da mangiare ai miei figli ma non ad un ospite perché rischio di andare in galera?  La burocrazia estremizzata è una condanna anche per noi.

Come si lega il vostro agriturismo all’agricoltura biologica?

I nostri visitatori si rendono subito conto di quanto sia importante il prodotto genuino locale, di quanto sia migliore rispetto a quello che avevano assaggiato fino a quel momento in città, dove mangiano prodotti di qualità molto più bassa. La loro domanda è sempre la stessa: perché un prodotto come questo non si trova facilmente e invece è semplice trovare al mercato o nel centro commerciale un pomodoro che arriva, ad esempio, dalla Turchia o dall’Olanda?

E che cosa rispondi?

La solita risposta. Il concetto industria è quello che sta al di sopra del concetto agricoltura. Ha priorità l’industria rispetto alla realtà contadina.  La parola industria sta schiacciando i piccolo produttori.

Siete una coppia giovane e vivete rifugiati in questa oasi di pace e natura. Non vi manca ogni tanto la vita cittadina? 

Ti rispondo con un aneddoto. Quando avevo 19 anni io abitavo in città, in un secondo piano. Sotto c’erano i secchioni della spazzatura sempre aperti.  Sui giornali parlavano della raccolta della spazzatura, dicendo che non era un problema la raccolta, ma la maleducazione dei cittadini. Dal secondo piano ho preso un televisore venti pollici e l’ho buttato dentro al secchione della spazzatura. Il giorno dopo sono andato a vivere in campagna dai miei parenti e ho deciso che non sarei più tornato in città. No, non mi manca, nel senso che un uomo in città è prigioniero. In campagna uno è artefice del proprio destino, a contatto con la natura,  libero da certe logiche.